La nuova amministrazione statunitense non ha messo Tbilisi tra le sue priorità, lasciando uno spazio di ambiguità sul futuro delle organizzazioni legate ai finanziamenti di USAID. Terreno fertile per la Cina, ma anche per la Russia che gode di una momentanea tregua col vicino caucasico.
Negli ultimi anni, la Georgia pare aver intrapreso una deriva autoritaria sotto la guida del partito di maggioranza Sogno Georgiano, fondato nel 2012 dal miliardario Bidzina Ivanishvili. Inizialmente presentatosi come forza di centro-sinistra e filo-occidentale per ottenere il consenso di una popolazione prevalentemente europeista, Sogno Georgiano ha progressivamente mostrato un volto illiberale. In un contesto politico caratterizzato da un’opposizione frammentata e indebolita, tre eventi principali hanno segnato la Georgia nel 2024: l’approvazione a maggio della legge sugli “agenti stranieri”, le elezioni parlamentari di ottobre, vinte dal partito di governo tra le accuse di irregolarità, e la sospensione a novembre dei negoziati di adesione all’Unione Europea fino al 2028.
Questi sviluppi hanno provocato proteste di piazza senza precedenti o quasi per dimensioni e durata, con manifestazioni nella capitale Tbilisi protrattesi per oltre 100 giorni. La risposta delle autorità è stata molto dura, con uso sproporzionato della forza, intimidazioni e arresti arbitrari nei confronti dei manifestanti. Contestualmente, il governo ha avviato una stretta sulle libertà fondamentali, limitando i diritti di espressione, associazione e manifestazione attraverso l’introduzione di nuove leggi repressive e l’inasprimento di quelle esistenti, così come il passaggio di alcuni reati amministrativi sotto il Codice penale. Con il pretesto della mancata registrazione ai sensi della legge sull’influenza straniera del 2024 da parte di organizzazioni che ricevono finanziamenti esteri, a inizio aprile del 2025 il Parlamento ha adottato una nuova legge, formalmente ispirata al Foreign Agents Registration Act (FARA) americano del 1938. A differenza di quest’ultimo, o meglio della sua applicazione originaria, il FARA georgiano è concepito per reprimere e intimidire le voci critiche della società civile e i media indipendenti tramite ispezioni, eccessivi vincoli amministrativi e multe esorbitanti. Sono state poi introdotte modifiche alla Legge sulla Radiodiffusione, vietando finanziamenti stranieri ai media e ampliando i poteri della Commissione per le Comunicazioni, sotto diretto controllo governativo. Inoltre è stata revocata una delle raccomandazioni principali dell’Unione Europea per la Georgia, ovvero l’obbligo di coinvolgere le organizzazioni non governative nel processo legislativo.
L’inasprimento della repressione interna è stato accompagnato da un progressivo allontanamento dall’Unione Europea, già accelerato dallo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022. Il governo georgiano si è rifiutato di applicare le sanzioni contro Mosca e ha iniziato ad adottare una postura anti-occidentale non lontana da quella russa. Tbilisi ha accusato l’Occidente di destabilizzare il Paese e di interferire nei suoi affari interni, e sostenuto la tesi secondo cui le proteste di piazza sarebbero ispirate a un “fascismo liberale” e orchestrate da potenze straniere tramite ONG descritte come “pseudo-élite” prive di patriottismo.

Matthew Miller, ex portavoce del Dipartimento di Stato, ha annuncia la sospensione della partnership strategica tra Stati Uniti e Georgia. Fonte: Georgian News.
I rapporti con gli Stati Uniti e il taglio dei fondi USAID
Nonostante un’apparente affinità ideologica con il Partito Repubblicano statunitense, Sogno Georgiano non è finora riuscito a trarre vantaggio dal cambio di amministrazione a Washington. Sin dal suo insediamento, Trump non ha mai menzionato la Georgia, né ha chiarito quale sia la strategia americana per il Caucaso meridionale. La Casa Bianca è chiaramente impegnata in questioni globali più urgenti come la guerra in Ucraina e in Palestina, perciò al momento la Georgia non rientra nelle sue priorità. Di conseguenza, Trump non ha revocato le misure adottate dalla precedente amministrazione Biden, che aveva sospeso la partnership strategica con Tbilisi e congelato 95 milioni di dollari di aiuti governativi.
Diversamente dall’amministrazione Dem – che aveva garantito il proseguimento dei programmi di sostegno alle ong georgiane – una delle prime decisioni di Trump a gennaio 2025 è stata quella di tagliare l’83% dei fondi dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID). Trump ha motivato la scelta accusando l’agenzia di essere uno “spreco di risorse”, “corrotta” e controllata da “radicali di sinistra”, mentre Elon Musk, prima della sua rottura con il presidente, ha definito USAID un’ “organizzazione criminale”. La decisione ha avuto un forte impatto a livello globale, mettendo a rischio numerosi progetti umanitari che dipendevano quasi esclusivamente dai fondi USAID. L’agenzia, nata negli anni Sessanta per volontà di John F. Kennedy con l’obiettivo di contrastare l’influenza sovietica e sostenere gli alleati occidentali, si era affermata nel tempo come uno strumento di soft power americano. Pur criticata per aver promosso selettivamente interessi statunitensi, USAID ha comunque giocato un ruolo non secondario nel rafforzamento della democrazia a livello globale, attraverso programmi di monitoraggio elettorale, sostegno alla società civile e promozione delle riforme giudiziarie.
In Georgia, USAID ha avuto un peso molto importante: attiva dal 1992, negli anni ha erogato oltre 1,9 miliardi di dollari in aiuti; attualmente gestisce 39 programmi, per un valore complessivo di 373 milioni di dollari e un budget annuo di circa 70 milioni. Queste iniziative si propongono di sostenere le riforme economiche e il rafforzamento delle istituzioni democratiche, svolgendo quindi un ruolo fondamentale anche nel processo di integrazione europea della Georgia. Poiché il sostegno finanziario internazionale è vitale per la sopravvivenza dei media e delle ONG georgiane, il governo ha accolto con favore il taglio dei fondi USAID. Nonostante le difficoltà economiche, i media indipendenti georgiani come OC Media, Netgazeti, Formula e altri continuano ad operare nel Paese per contrastare l’agenda governativa e le campagne diffamatorie contro gli stessi giornalisti, come nel recente caso di Mzia Amaghlobeli, co-fondatrice del media online indipendente Batumelebi.
L’influenza russa in Georgia
La limitazione della libertà di stampa da parte del partito di maggioranza non è l’unica minaccia al futuro democratico della Georgia e alla sopravvivenza di un’informazione indipendente. Il vuoto lasciato dal ritiro statunitense rischia infatti di essere rapidamente colmato da altri attori internazionali, in particolare dalla Cina e dalla Russia. Mentre Pechino, attraverso la sua agenzia di cooperazione ChinaAid, ha iniziato a finanziare progetti un tempo sostenuti da USAID, Mosca esercita da sempre una certa influenza sulla Georgia.
Come per altri Paesi, la strategia russa si basa sulla cosiddetta “guerra ibrida”, una combinazione di mezzi convenzionali e non convenzionali che include la guerra militare, economica, politica e soprattutto informativa. Il settore dell’informazione è diventato uno dei principali teatri di battaglia per le grandi potenze, anche perché, a differenza di altri strumenti, richiede investimenti contenuti a fronte di risultati significativi. Attraverso la penetrazione nelle élite politiche, la manipolazione del discorso pubblico e l’accentuazione delle divisioni interne, la Russia lavora sistematicamente per contrastare le aspirazioni euro-atlantiche della Georgia. Dallo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, il panorama informativo georgiano ha registrato un aumento delle campagne influenzate dal Cremlino.
Agenzie di stampa e canali televisivi filorussi come Russian Channel One, NTV, Sputnik-Georgia e Saqinform veicolano una narrazione che promuove indirettamente un’immagine positiva della Russia e scredita gli alleati occidentali della Georgia. Tra le principali tesi diffuse figura l’accusa agli Stati Uniti di aver provato a manipolare le elezioni del 26 ottobre e fomentare una “rivoluzione colorata” per installare un governo favorevole a Washington. Inoltre, i media filorussi amplificano la tesi – già sostenuta da Tbilisi – secondo cui l’Unione Europea avrebbe chiesto informalmente alla Georgia di aprire un secondo fronte contro la Russia come condizioni dei loro negoziati. L’informazione (o disinformazione) russa si rivolge soprattutto alle fasce più conservatrici della popolazione, dipingendo l’Occidente come una minaccia ai valori tradizionali e all’identità nazionale georgiana. In questa narrazione, Sogno Georgiano viene presentato non come un partito filorusso, ma come il legittimo difensore degli interessi dei cittadini georgiani.
Il soft power russo non si limita al settore mediatico, ma si estende anche alle GONGO, organizzazioni apparentemente indipendenti che però risultano essere finanziate dal governo russo, e che, dunque, promuovono l’agenda del Cremlino. Queste organizzazioni, di fatto, sostengono il ripristino dell’amicizia russo-georgiana e i valori conservatori e tradizionali georgiani. Anche fondazioni come l’Eurasian Institute ed Eurasian Choice ricevono fondi russi, ma i dettagli sui finanziamenti e i criteri di assegnazione restano opachi.
Un ulteriore strumento di influenza russa riguarda il finanziamento diretto di partiti e gruppi politici. Secondo un’indagine del Dossier Center di Londra, nel 2020 l’Alleanza dei Patrioti, partito apertamente favorevole a un riavvicinamento con Mosca, avrebbe ricevuto 8 milioni di dollari (6,7 milioni di euro) da fonti russe per sostenere la propria campagna elettorale. A complicare ulteriormente il monitoraggio dell’influenza russa, nel 2022 si è registrato un massiccio afflusso di cittadini e aziende russe in Georgia. Se da un lato ciò ha contribuito a una crescita economica, dall’altro ha aumentato la dipendenza economica del Paese da Mosca, una dipendenza che la Russia è pronta a sfruttare come leva politica.
E l’Unione Europea?
Formalmente, la Georgia resta un Paese candidato all’adesione all’Unione Europea, e il relativo processo di integrazione gode ancora del sostegno dell’80% della popolazione. La questione georgiana continua a occupare un posto prioritario nell’agenda delle istituzioni europee, che hanno adottato alcune misure contro il governo di Tbilisi, come la sospensione dei contatti ad alto livello e la revoca dell’esenzione dal visto per i diplomatici georgiani, continuando parallelamente a esercitare pressione attraverso il Consiglio d’Europa e la Commissione di Venezia.
Tuttavia, Bruxelles non ha mai dichiarato esplicitamente che la permanenza di Sogno Georgiano al potere precluda l’adesione del Paese all’Unione. Questa ambiguità consente al governo georgiano di mantenere aperto un margine di manovra e di alimentare la narrazione di una possibile normalizzazione dei rapporti con l’Europa. L’UE deve quindi decidere quale ruolo intende giocare in Georgia e definire una strategia chiara, capace di offrire un sostegno rapido e mirato prima che la Georgia scivoli definitivamente verso modelli autoritari come la Bielorussia o l’Azerbaigian. Nonostante l’intenzione di ridirigere i fondi dal governo georgiano alla società civile e di aumentare il supporto a quest’ultima, l’UE da sola non è in grado di colmare il vuoto lasciato dalla sospensione dei programmi USAID. Inoltre, la natura fortemente burocratica dell’Unione rende l’erogazione dei fondi lenta e complessa: i tempi di implementazione sono lunghi e le condizioni per accedere ai finanziamenti spesso rigide, il che alimenta la frustrazione tra le organizzazioni della società civile che oggi si trovano a operare in una situazione d’emergenza, con risorse sempre più scarse. Molte delle organizzazioni colpite sono perciò alla ricerca di nuovi donatori, inclusi singoli stati membri dell’UE che si sono già mossi per offrire sostegno diretto, puntando così a una maggiore diversificazione dei finanziamenti per evitare di subire ulteriori ripercussioni in futuro.
Antonella Aloia