La vittoria di Maia Sandu al ballottaggio delle elezioni presidenziali di domenica apre una nuova fase della storia moldava. Per coglierne appieno la portata storica, abbiamo intervistato Mirko Mussetti, analista di geopolitica e geostrategia esperto di Moldova. Mussetti collabora con Limes, rivista italiana di geopolitica, ha pubblicato "Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero" (2018) e "Némein. L'arte della guerra economica" (2019), ed è vincitore della settima edizione del Premio Voltaire per la saggistica di Lucca (2019).
La vittoria di Maia Sandu è totale: ha vinto nella capitale Chişinău; ha vinto nelle zone rurali; ha vinto all'estero. Questo grande consenso dovrà essere immediatamente capitalizzato. Tra le prime mosse potrebbe esservi lo scioglimento del parlamento monocamerale e l'indizione di elezioni anticipate già nel 2021. Questo prevede l'accordo con il filorusso Renato Usatîi, che le ha garantito l'appoggio al secondo turno in cambio di una rivisitazione della composizione parlamentare, di cui vuol far parte. Con una nuova maggioranza filo-occidentale, Maia Sandu spera di ottenere un maggiore sostegno finanziario dall'Unione Europea e dalla vicina Romania, un consistente aiuto sanitario per affrontare la crisi pandemica, intensificare la lotta alla corruzione endemica. E forse, sottotraccia, consolidare lo spirito unionista, attestando il consenso all'unificazione alla Romania ad almeno un terzo della popolazione.
La bassa affluenza è dovuta principalmente a tre fattori: primo, la diffusa disillusione nei confronti di una classe politica stantia; secondo, il timore generato dalla circolazione del nuovo coronavirus; terzo, le grame condizioni economiche che impediscono agli studenti maggiorenni il ritorno al villaggio di origine/residenza per esprimere il proprio voto. Non deve stupire che anche nel secondo turno, quando l'affluenza alle urne è stata molto maggiore, sia stato proprio il dato dei giovani ad essere deficitario, nonostante gran parte di essi sposino gli ideali europeisti propugnati da Sandu.