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Home Smolensk

Nicola II Romanov: il culto e la memoria di uno Zar

di Marco Limburgo
1 Novembre 2018
in Smolensk, Storia e Religione
Tempo di lettura: 7 mins read
zarini.jpg
Dalla caduta dell’Unione Sovietica, la Russia ha sperimentato un convinto revival delle religiosità e del ruolo delle istituzioni ortodosse nella vita comunitaria. Molto si è scritto sul ruolo della Chiesa ortodossa come strumento di consolidamento del potere da parte del Cremlino e i parallelismi con il passato imperiale si sprecano, in un’opinione pubblica troppo spesso avvezza a ridondanti paragoni. Secondo le statistiche governative, più del 70% dei russi si considera cristiano ortodosso anche se i tassi di partecipazione attiva alle funzioni religiose rimangono drammaticamente bassi. Tuttavia, la fine dell’ateismo di stato ha coinciso con un ritorno delle manifestazioni di religiosità collettiva e con la riappropriazione di simbologie e icone di un passato controverso. La figura dell’ultimo zar, Nicola II Romanov appare paradigmatica in questo contesto, in quanto l’attitudine modesta e la dedizione alla famiglia e allo Stato, pur in momenti di profonda difficoltà, rappresentano una costante fonte di emulazione, al fine di ricostruire l’immagine dell’uomo russo dopo decenni di esperimento sociale sovietico.​

 
I Romanov hanno retto i destini dell’Impero russo per quasi 400 anni, ampliando smisuratamente i confini e il prestigio dello Stato in in tutta l’Eurasia. La fucilazione di Nicola II, della moglie e i suoi cinque figli può essere letta come un altro tassello della persecuzione dell’Ortodossia nel corso dei decenni comunisti, offrendo ad una nazione in costante crisi di identità un potente collante fra vertici ecclesiali, cittadinanza e potere. La potenza economica del Patriarcato russo (la prima Chiesa ortodossa orientale per numero di fedeli diffusi fra Russia, Bielorussia, Ucraina, Giappone, etc.) ha facilitato una diffusione capillare del culto e delle icone all’interno dell’ecumene ortodosso; non è raro imbattersi in sfarzose chiese di provincia dedicate alla memoria della famiglia reale, mentre cerimonie partecipate si svolgono da San Pietroburgo (ex capitale e residenza imperiale) a Ekaterinburg. E proprio questa città siberiana, teatro della morte degli ultimi Romanov, sta traendo maggior profitto dal revival religioso inerente al culto di Nicola II. Il Patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill, il 16 luglio scorso, ha guidato un’imponente processione per le strade della città nei luoghi del martirio dello zar Nicola II e della sua famiglia, insieme ai vescovi riuniti nella speciale sessione del Sinodo. La solennità era stata preparata nei giorni precedenti alle celebrazioni per i 1030 anni del Battesimo della Rus’ di Kiev, che secondo le parole del Patriarca fu “l’avvenimento che segnò una svolta nella storia dei popoli slavi, indicando la strada della civiltà slava, dal buio dei falsi ideali alla rivelazione della verità divina“. La partecipata solennità ha permesso al patriarca di lanciare un monito alla popolazione, ma con precisi riferimenti alla classe politica:

Nel passato, il popolo russo è stato investito dal folle treno, quando pensieri a noi estranei, ideali estranei, mentalità estranee, formate da opinioni politiche e filosofiche che non avevano niente in comune con il cristianesimo, con le nostre tradizioni nazionali o la nostra cultura, hanno cominciato ad essere accolte dall’intelligencija e dall’aristocrazia, perfino da una parte del clero, come fossero pensieri che portano al progresso, e seguendoli fosse possibile cambiare in meglio la vita del popolo

​Kirill I

Il patriarca ha quindi invitato tutti a rigettare le “tentazioni provenienti dall’estero“, che diffondono illusioni sul futuro benessere della Russia: “La lezione principale da ricordare è che non dobbiamo fidarci delle promesse di una vita felice, non dobbiamo riporre speranze in aiuti che vengano da fuori, da persone più istruite e avanzate di noi“. La fiducia deve essere riposta in Dio e nella sua Chiesa Ortodossa, che guida la missione del popolo russo nella storia, e negli uomini da Dio scelti per rappresentarlo. Come l’innocente zar Nicola, “che non aveva infranto leggi e non aveva abbandonato Dio“. L’identità nazionale russa ha un che di peculiare e di sorprendente e si pone in aperta sfida alle tendenze modernizzanti provenienti dall’Europa, nonché alla pressione di un Islam in crescita demografica e politica (non solo nel Caucaso). Allo stesso tempo, questa vuole offrire al mondo un esempio di tolleranza e virtù in un presente post-ideologico.

La Cattedrale sul Sangue, costruita tra il 2000 ed il 2003 a Ekaterinburg sul luogo della fucilazione di Nicola II e della sua famiglia

​L’eccessivo zelo e i proclami infiammati hanno inoltre risvegliato settori zelanti e estremisti nel variegato orizzonte della spiritualità ortodossa. Recentemente è salito agli onori della cronaca la figura dell’estremista Aleksandr Kalinin, leader dell’organizzazione Stato Cristiano – Santa Russia, capillarmente diffusa ad ogni latitudine della Federazione. Kalinin e i suoi accoliti si sarebbero macchiati di atti di violenza e crimini nei confronti di presunti “nemici della fede” e organizzazioni antireligiose, non nascondendo di patrocinare apertamente l’utilizzo della violenza. Vittima illustre di questo fanatismo il regista Alexej Učitel’, reo di aver offeso la memoria dello zar con il suo ultimo film “Matilda“, che racconta la storia d’amore fra Nicola II e l’omonima ballerina, sfidando così pubblicamente l’immagine del sovrano pio, fedele e esemplare padre di famiglia. Imprenditori minacciati, atti incendiari verso teatri e cinema rei di ospitare la pellicola, ma soprattutto nei confronti della residenza e dell’autovettura del regista. L’impunità e la sottovalutazione dei crimini ha notevolmente ampliato il raggio d’azione delle iniziative dei fondamentalisti ortodossi, che potrebbe però rivoltarsi contro lo stesso Cremlino. E’ in crescita, infatti, l’attivismo di un Fronte Anti-Putin, nato allo scopo di “informare i cittadini russi e i popoli della Federazione su tutte le menzogne del Cremlino“. Alcuni giornalisti e opinionisti sostengono che dietro questi “attivisti” vi sia la regia di settori “deviati” dei servizi segreti russi, con l’appoggio di diversi esponenti del clero. L’impressione è che alle autorità russe, sia politiche che religiose, stia sfuggendo di mano il controllo sugli strati “fondamentalisti“, che esprimono un patriottismo sempre più apocalittico e minaccioso.


Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill I, con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin

Ma a patrocinare la riabilitazione e il culto dell’imperatore non è solo la Chiesa, in quanto anche lo Stato si è espresso nella controversa vicenda. La Corte suprema russa ha riabilitato ufficialmente la memoria di Nicola il sanguinario (così era conosciuto in epoca sovietica), in quanto l’omicidio fu un atto barbaro e non necessario compiuto in un periodo di disordine rivoluzionario e repressione. La canonizzazione del Re martire nel 2000 ha seguito la decisione della Corte suprema, mostrando altrimenti la convergenza fra i due poteri nel contesto russo attuale. Se da una parte lo stesso Putin si mantiene cauto, se non indifferente, verso il culto del martoriato Zar, lo stesso non si può dire di numerosi esponenti della Duma di Stato. Vladimir Žirinovskij, leader del partito Liberal Democratico, ex sfidante di Putin alle recenti presidenziali nonché vicepresidente della Duma di Stato, ha più volte denunciato i crimini dell’Unione Sovietica, evocando la completa riabilitazione dello Zar, se non una rivalutazione della monarchia in politica. Oltre all’istrionico politico, non nuovo a uscite controverse, fa sicuramente maggior scalpore la vicinanza dimostrata dall’attuale Primo Ministro e delfino di Putin Dimitrij Medvedev, che in diverse interviste ha espresso una particolare vicinanza verso la figura sfortunata dello Zar e della sua famiglia.

Da ultimo la rinnovata popolarità dell’imperatore è visibile apertamente anche ai milioni di turisti che affollano le maggiori città russe, in quanto la figura o l’icona dello zar fa capolino sempre più spesso fra gli immancabili colbacchi con falce e martello e cartoline di Putin in pose virili. La Russia è al crocevia di profondi cambiamenti demografici, sociali ed economici e sempre più al centro delle attenzioni del mondo, nonché nell’occhio di un ciclone di critiche o lodi contrapposte. La riappropriazione di un passato imperiale è utile al Cremlino per cementificare il consenso intorno alle politiche di sovraesposizione geopolitica e al rinnovato orgoglio, dopo i disastri posteriori al crollo della cortina di ferro. Se l’anima e la società russa non possono che beneficiare dalla riscoperta della tradizione e del misticismo ortodosso, l’ascesa e l’influenza del Patriarcato nel contesto politico e sociale dentro e fuori i confini della nazione rischiano di dar vita a malumori fra i settori secolari o scavare un solco insormontabile fra la popolazione ortodossa (e in maggior parte slava) e le minoranze religiose.

Tags: Chiesa Ortodossa RussaRomanovzar
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Marco Limburgo

Marco Limburgo

Da sempre appassionato di storia, letteratura e politica internazionale si laurea a Bologna in Storia Contemporanea e decide, successivamente, di trasferirsi a Forlì per studiare Scienze Internazionali e Diplomatiche, dove si laurea nel 2020. Socio fondatore di Osservatorio Russia, contribuisce al progetto con analisi inerenti all’Asia Centrale e alle relazioni tra Medio Oriente e Russia, nonché curando la rubrica di approfondimento storico Smolensk, di cui è coordinatore.

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