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Home Caucaso

La politica georgiana sempre più turbolenta. Autocratizzazione in vista?

di Cesare Figari Barberis
18 Febbraio 2021
in Caucaso, Politica e Istituzioni, Politica e Società
Tempo di lettura: 5 mins read
La politica georgiana sempre più turbolenta. Autocratizzazione in vista?

Giovedì 18 febbraio si è inaspettatamente dimesso il Primo Ministro georgiano Giorgi Gakharia. La decisione non è infatti avvenuta a seguito dell’assenza di supporto parlamentare o per qualche tranello interno al suo partito Sogno Georgiano, ma per calmare le tensioni crescenti nella popolazione tra sostenitori del governo e dell’opposizione. Gakharia ha infatti comunicato che le dimissioni “contribuiranno a placare la polarizzazione nello spazio politico della nazione”. Il partito Sogno Georgiano ha poi prontamente reso noto che il Ministro della Difesa Irakli Garibashvili sostituirà Gakharia come Primo Ministro.

Ma come mai questa polarizzazione e questa crisi politica? Il nocciolo della questione sta nella votazione parlamentare del 16 febbraio che, passata per 88 voti su 150, ha rimosso l’immunità parlamentare a Nika Melia, leader del partito di opposizione Movimento Nazionale Unito (MNU). La votazione è avvenuta a seguito della richiesta del Pubblico Ministero di poter arrestare Nika Melia, colpevole di aver rimosso il suo braccialetto di monitoraggio elettronico e di non aver pagato una multa risalente al 2019 (per aver aizzato delle proteste antigovernative). A seguito di questa decisione, il leader dell’opposizione si è rifugiato negli uffici del suo partito MNU e molte persone hanno iniziato a radunarsi di fronte ad essi per bloccare il tentativo di irruzione della polizia. La tensione ha continuato ad aumentare anche a fronte delle accuse della società civile e di movimenti antigovernativi, come “È una Vergogna”, di aver arbitrariamente fatto arrestare il capo dell’opposizione proprio come si fa nei regimi autoritari. Alcune voci critiche sono arrivate persino dall’estero, come quella del Ministro degli Esteri lituano che ha messo in dubbio l’esistenza di uno stato di diritto in Georgia.

È a questo punto che il Primo Ministro georgiano Gakharia ha deciso di rassegnare le dimissioni per calmare la situazione potenzialmente esplosiva. Lui stesso d’altronde era in disaccordo con la decisione del suo partito Sogno Georgiano di togliere l’immunità parlamentare a Nika Melia. Non è al momento chiaro se, dopo questo piccolo terremoto politico, verrà effettivamente arrestato o meno il leader dell’opposizione. La situazione è ancora tesa e mutevole, per cui è difficile prevedere come si evolverà la vicenda nei prossimi giorni. Molti georgiani, nel frattempo, stanno accusando il governo di star diventando sempre più autocratico.

Ma quanto è vera l’accusa di progressiva autocratizzazione del Paese? In effetti un fondo di verità esiste. Non è un caso che la richiesta di poter arrestare il leader dell’opposizione Nika Melia sia giunta dal potere giudiziario. Il de facto leader di Sogno Georgiano e miliardario Bidzina Ivanishvili, infatti, nel 2015-2016 cooptò un gruppo di giudici molto influenti – detto il “clan” – affinché servissero i suoi interessi politici. E non sono infatti mancati arresti selettivi contro personaggi scomodi a Ivanishvili. Gradualmente questo clan è riuscito ad aumentare la sua sfera di influenza anche nelle corti meno importanti del paese. Oggi, quindi, non si può definire il sistema giudiziario georgiano indipendente dal governo. Per verità, non lo era nemmeno quando al governo tra il 2003 e il 2013 ci fu lo MNU, ora all’opposizione. Il governo di Sogno Georgiano promise peraltro nel 2013 di riformare in meglio il sistema giudiziario e di renderlo più indipendente dall’esecutivo. Ed è a fronte dei primi insuccessi in tal senso che nel 2015-2016 Ivanishvili cambiò completamente strategia e decise di cooptare i giudici più influenti. Diventa dunque difficile stabilire se la situazione oggi sia peggio di quanto non lo fosse 8, 10 o 15 anni fa. Quello che è certo è la situazione non è affato migliorata negli ultimi anni.

Il de facto leader di Sogno Georgiano e miliardario Bidzina Ivanishvili.

Un altro problema legato alla accusa di autocratizzazione del paese riguarda l’influenza del governo sui media. Come evidenzia un sondaggio dell’International Republican Institute, il telegiornale più seguito dai georgiani è Imedi TV, il quale è fortemente pro-governativo. Guarda  caso, il presidente della Holding Imedi è Irakli Rukhadze, una figura personalmente molto vicina al patron di Sogno Georgiano. Il governo riesce quindi a influenzare le notizie e il taglio del telegiornale più seguito dalla popolazione, mettendo inevitabilmente a repentaglio l’indipendenza dei media. Non tutti i telegiornali sono però controllati direttamente o indirettamente da Sogno Georgiano. Il programma Rustavi 2, per esempio, è tra i canali più seguiti ed è fortemente pro-opposizione e critico del governo. Non siamo dunque in presenza di un monopolio dell’informazione. A suo tempo anche lo MNU al governo cercò di influenzare i media e di limitarne l’indipendenza. Ma questo proposito non riuscì mai del tutto, e furono proprio coperture mediatiche negative a contribuire alla caduta dello MNU nel 2012-2013. Si può dunque concludere che il controllo dell’informazione da parte del governo è aumentato negli ultimi anni, e questo chiaramente non è positivo per il funzionamento sano di un sistema democratico, ma non siamo comunque in presenza di un vero e proprio monopolio.

L’ultimo punto da considerare legato le accuse di autocratizzazione riguarda la presenza di brogli elettorali. Il 31 ottobre 2020 Sogno Georgiano vinse per la terza volta di fila le elezioni parlamentari ottenendo il 48,2% dei voti contro il 27,12% dello UNM. I partiti di opposizione accusarono immediatamente il governo di brogli elettorali, e la gente si riversò nelle piazze e davanti al parlamento per protestare e chiedere nuove elezioni. Osservatori esterni, tuttavia, valutarono le elezioni come competitive e tutto sommato libere. Ci furono certamente dei problemi – per esempio forti pressioni sui votanti e una campagna elettorale non proprio pulita – ma in generale di elezioni democratiche si trattò. Risulta quindi difficile valutare se la democraticità delle elezioni sia peggiorata e, se sì, di quanto rispetto alle elezioni precedenti. Anche nelle elezioni parlamentari del 2016, infatti, ci furono accuse di brogli elettorali da parte dell’opposizione.

“Oggi noi siamo vincitori.” Nika Melia, capo dello UNM

In sostanza, fino a settimana scorsa sarebbe stato difficile concludere con certezza che la Georgia stava diventando un paese autocratico. C’erano indubbiamente problemi legati all’indipendenza del sistema giudiziario e una influenza eccessiva del governo sui media, ma questi erano problemi già esistenti e presenti nel vecchio governo a guida UNM. Una democrazia sì, ma imperfetta e incompleta. Il vero punto di svolta o di non ritorno sarà invece in questi giorni. L’aver tolto l’immunità parlamentare al capo dell’opposizione affinché fosse arrestato è un fatto gravissimo ed effettivamente tipico di un regime autoritario. La cosa è ancora peggiore se si pensa che le accuse rivolte contro Nika Melia sono legate all’aver spronato delle proteste anti-governative nel 2019. In pratica il governo ha autorizzato ad arrestare il capo dell’opposizione per essere andato contro il governo. Le dimissioni del Primo Ministro Giorgi Gakharia, in disaccordo con questa decisione governativa, potrebbero calmare parzialmente le acque. Ma il tutto dipenderà da come gestirà la situazione il nuovo Primo Ministro Irakli Garibashvili, figura peraltro molto meno apprezzata di Gakharia dai georgiani. Difficile fare previsioni, ma sicuramente il paventato rischio autocratizzazione avrà una possibilità di concretizzarsi questi giorni. Sarà un duro test per la giovane e imperfetta democrazia georgiana.

Tags: Caucasopolitica internaTbilisi
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Cesare Figari Barberis

Cesare Figari Barberis

Coordinatore desk Caucaso. Ha ottenuto la laurea Triennale e Magistrale presso l’università Bocconi, successivamente il Master in Relazioni Internazionali e Scienze Politiche presso il Graduate Institute of Geneva, dove attualmente sta perseguendo il Dottorato di Ricerca. Conduce ricerche su conflitti e relazioni interetniche nell’area Euroasiatica, con un particolare focus sul Caucaso Meridionale.

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