Osservatorio Russia
  • Accedi
  • Registrati
  • Aree
    • Russia
    • Paesi Baltici
    • Bielorussia
    • Ucraina e Moldova
    • Caucaso
    • Asia Centrale
  • Temi
    • Geopolitica
    • Politica e Istituzioni
    • Difesa e Cyber
    • Economia
    • Energia e Ambiente
    • Società e Cultura
    • Diritto e Diritti
    • Storia e Religione
  • Rubriche
    • Recensioni
    • Dietro lo specchio
    • Smolensk
    • L’Orso Polare
    • Le tavole dell’Osservatorio
  • L’Osservatorio
  • Pubblicazioni
sostienici
No Result
Visualizza tutti i risultati
Osservatorio Russia
  • Aree
    • Russia
    • Paesi Baltici
    • Bielorussia
    • Ucraina e Moldova
    • Caucaso
    • Asia Centrale
  • Temi
    • Geopolitica
    • Politica e Istituzioni
    • Difesa e Cyber
    • Economia
    • Energia e Ambiente
    • Società e Cultura
    • Diritto e Diritti
    • Storia e Religione
  • Rubriche
    • Recensioni
    • Dietro lo specchio
    • Smolensk
    • L’Orso Polare
    • Le tavole dell’Osservatorio
  • L’Osservatorio
  • Pubblicazioni
No Result
Visualizza tutti i risultati
Osservatorio Russia
No Result
Visualizza tutti i risultati
Home Dietro lo specchio

Il Nagorno Karabakh e il prevedibile ritorno della realpolitik

di Redazione
23 Settembre 2023
in Caucaso, Dietro lo specchio
Tempo di lettura: 4 mins read
Il Nagorno Karabakh e il prevedibile ritorno della realpolitik

Il nuovo episodio lampo della guerra di Baku contro i separatisti della repubblica di Artsakh spiega molte cose, dagli equilibri russo-turchi all’intermittenza delle pressioni diplomatiche occidentali. Nuova puntata della rubrica “Dietro lo specchio” di Fulvio Scaglione

Quello che prima o poi sarebbe successo al Nagorno Karabakh era diventato chiaro già nel 2020, con la guerra che durò sei settimane, fece 7mila morti (in gran parte armeni) e portò l’Azerbaigian a occupare una parte importante della regione fino ad allora totalmente governata dalle autorità dell’autoproclamata (e mai riconosciuta, nemmeno dall’Armenia) Repubblica dell’Artsakh. Gli azeri, cosa ancor più importante, riuscirono ad attestarsi in una posizione strategica che, al di là dell’aspetto territoriale, assicurava loro il dominio sull’entità separatista. Come si è poi visto con il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica via di collegamento tra l’Armenia e il Nagorno ancora “libero”, che ha stremato la popolazione dell’area indipendentista.

Quello il precedente. Ma perché l’Azerbaigian dell’autocrate Ilham Aliyev ha deciso proprio ora di sferrare il colpo decisivo, quasi sapendo che avrebbe incontrato poca resistenza militare (gli azeri dispongono di grandi mezzi finanziari e sono armati da Turchia e Israele) e ancor meno opposizione politica? La risposta, forse, sta nell’incontro tra Vladimir Putin e Recep Tayyep Erdoğan che si è svolto poco tempo fa a Soči. I portavoce dei due presidenti avevano più volte spiegato che si sarebbe parlato dell’accordo sul grano ucraino, rimasto in vigore dal luglio 2022 al luglio 2023 e poi unilateralmente disdetto dalla Russia. Sul tema, Putin aveva respinto molte volte le proposte dell’Onu, ritenute insufficienti rispetto agli interessi russi, e nemmeno la trasferta di Erdoğan a Soči l’aveva convinto.

Rottura tra Russia e Turchia, dunque? Non proprio. Piuttosto il contrario. Mosca e Ankara sono abituate a conciliare i contrari. Sono su sponde opposte in Libia e Siria, la Turchia ha considerato illegittime le annessioni russe di territorio ucraino, a partire dalla Crimea dove Erdoğan è tra l’altro sensibile alla questione dei tatari. Però restano in affari, si parlano, trovano intese. E qualcosa di simile, al riparo dei riflettori, dev’essere successo anche a Soči. Un minimo di cronologia. Putin ed Erdoğan si incontrano il 4 settembre. Il 9 e il 10 il presidente turco partecipa al G20 in India dove trova modo di smentire la narrazione ucraino-occidentale e dire che Putin non ha tutti i torti: l’accordo sul grano (Black Sea Grain Initiative, nel linguaggio dell’Onu) ha consentito l’esportazione di 33 milioni di tonnellate di cereali andati per il 43% a Paesi occidentali e alla Cina, per il 14% alla stessa Turchia e per il resto ai Paesi bisognosi dell’Africa. Nelle settimane successive si intensificano le voci su un blocco della Turchia alle forniture di armi all’Ucraina. Blocco che riguarderebbe non solo i canali ufficiali (a cominciare dai droni Bayraktar, prodotti dall’azienda diretta dal genero di Erdoğan, che addirittura progettava di costruire uno stabilimento in Ucraina) ma anche il mercato nero, non ignoto alle autorità turche e non insensibile alle loro direttive. Infine, ed è cosa dei giorni scorsi, l’Azerbaigian muove all’attacco del residuo Nagorno Karabakh indipendentista, con l’entusiastico sostegno della Turchia.

Come tutti sanno, dal punto di vista del diritto internazionale il Nagorno Karabakh appartiene all’Azerbaigian. Lo stabilirono diversi trattati firmati all’epoca della fine dell’Urss e lo ha ribadito una Risoluzione Onu del 2008. Ma questa riconquista manu militari prospetta una politica del fatto compiuto e una specie di pulizia etnica (Aliyev dice di voler “reintegrare” la maggioranza armena del Nagorno nella società azera ma non si vede come questo possa avvenire) e religiosa (gli armeni sono cristiani, gli azeri musulmani) che non possono in alcun modo essere accettate. E che, se gli indizi di cui sopra hanno un qualche senso, pare il frutto di un patto tra Russia e Turchia con il beneplacito del governo armeno del premier Pashinyan, che non aveva le forze per difendere gli indipendentisti dell’Artsakh e che, se avesse tentato di farlo, avrebbe messo a rischio anche il proprio Paese.

Tutto molto cinico, a spese dei 120mila armeni del Nagorno Karabakh. Ma se parliamo di realpolitik non dobbiamo trascurare nemmeno le mosse di Usa e Unione Europea. Washington ha incassato il recente riavvicinamento dell’Armenia senza poi muovere un dito per frenare l’ambizione azera. D’altra parte, perché avrebbe dovuto contrastare un vecchio e fedele alleato come Aliyev e scontentare un leader sempre bizzoso come Erdoğan? È dal 2006, quando fu inaugurato l’oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan) che gli americani cercano di staccare il Caucaso meridionale dall’orbita russa e farlo “scendere” in quella turca…  L’Unione Europea, al netto delle rituali esortazioni alla moderazione, si è ben guardata dal prendere posizione. E la ragione è ovvia: dopo aver rinunciato al gas russo, abbiamo chiesto all’Azerbaigian di fornirci 20 miliardi metri cubi di gas l’anno invece dei soliti 8. Potevamo mettere a rischio tutto questo per i 120mila armeni dell’Artsakh?

Fulvio Scaglione

Tags: ArmeniaAzerbaigianNagorno-KarabakhRussiaTurchiaUEUSA
ShareTweetSend
Redazione

Redazione

Osservatorio Russia è un progetto di approfondimento che si propone di analizzare la realtà geopolitica, economica e sociale dell'area ex sovietica ai fini di una migliore divulgazione presso il pubblico italiano. L'Osservatorio, che si avvale della collaborazione di giovani studiosi e ricercatori, è un'organizzazione indipendente e senza fini di lucro.

Articoli correlati

La pace nel Caucaso sarà russa o non sarà
Geopolitica

La pace nel Caucaso sarà russa o non sarà

di Paolo Bottazzi
17 Giugno 2025
La Georgia, USAID e il futuro delle organizzazioni non governative
Politica e Istituzioni

La Georgia, USAID e il futuro delle organizzazioni non governative

di Redazione
28 Maggio 2025
Perché l’Armenia si sta riposizionando
Geopolitica

Perché l’Armenia si sta riposizionando

di Redazione
15 Marzo 2025
Se Belgrado deve rinunciare al petrolio russo
Energia e Ambiente

Se Belgrado deve rinunciare al petrolio russo

di Paolo Bottazzi
24 Febbraio 2025
Georgia: uniti contro il potere?
Caucaso

Georgia: uniti contro il potere?

di Redazione
23 Febbraio 2025

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Twitter

I nostri temi

  • Geopolitica
  • Politica e Istituzioni
  • Difesa
  • Economia
  • Energia e Ambiente
  • Società e Cultura
  • Diritto e Diritti
  • Storia e Religione

Ci occupiamo anche di

Armenia Azerbaigian Baltici Bielorussia Cina Demografia difesa Diplomazia dossier Economia elezioni elezioni presidenziali Energia Estonia Europa gas geopolitica Georgia Guerra Iran Italia Kazakistan Kirghizistan Lettonia Lituania Medio Oriente Nagorno-Karabakh Nato politica estera Proteste Relazioni internazionali Russia Sanzioni Siria Stati Uniti storia Tagikistan Trump Turchia Turkmenistan Ucraina UE URSS Uzbekistan Vladimir Putin
Osservatorio Russia

Osservatorio Russia raccoglie il testimone del progetto Russia 2018 e si propone di analizzare la realtà geopolitica, economica e sociale dell’area ex sovietica ai fini di una migliore divulgazione, in Italia e non solo.

Scopri di più

Contatti

info@osservatoriorussia.com

Aree

  • Russia
  • Artico
  • Ucraina e Moldova
  • Bielorussia
  • Paesi Baltici
  • Caucaso
  • Asia Centrale

Temi

  • Geopolitica
  • Politica e Istituzioni
  • Difesa
  • Economia
  • Energia e Ambiente
  • Società e Cultura
  • Diritto e Diritti
  • Storia e Religione

Rubriche

  • Recensioni
  • Smolensk
  • L’Orso Polare
  • Le tavole dell’Osservatorio
  • Dietro lo specchio

Newsletter

© 2022 Osservatorio Russia

No Result
Visualizza tutti i risultati
  • Aree
    • Russia
    • Paesi Baltici
    • Bielorussia
    • Ucraina e Moldova
    • Caucaso
    • Asia Centrale
  • Temi
    • Geopolitica
    • Politica e Istituzioni
    • Difesa e Cyber
    • Economia
    • Energia e Ambiente
    • Società e Cultura
    • Diritto e Diritti
    • Storia e Religione
  • Rubriche
    • Recensioni
    • Dietro lo specchio
    • Smolensk
    • L’Orso Polare
    • Le tavole dell’Osservatorio
  • L’Osservatorio
  • Pubblicazioni

© 2022 Osservatorio Russia

Bentornato!

Accedi al tuo account qui sotto

Password dimenticata? Iscriviti

Crea un nuovo account

Compila il form qui sotto per iscriverti

Tutti i campi sono richiesti. Accedi

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o il tuo indirizzo email per resettare la tua password.

Accedi
Vuoi sbloccare questo Dossier?
Sblocchi rimasti : 0
Sei sicuro di voler disdire il tuo abbonamento?