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Home Società e Cultura

La censura di Stato tra passato e presente: il caso di Maestro e Margherita

di Redazione
4 Maggio 2025
in Russia, Società e Cultura
Tempo di lettura: 5 mins read
La censura di Stato tra passato e presente: il caso di Maestro e Margherita

Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov non è solo uno dei capolavori più importanti della letteratura russa, ma anche un’inesauribile fonte di riflessione sul potere, la censura e il ruolo dell’intellighenzia.

Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov rappresenta un caso esemplare del complesso rapporto tra il potere sovietico e la sua intellighenzia. Pubblicato postumo nel 1966-67, con numerosi tagli, il romanzo non solo subì la censura di Stato, ma divenne anche simbolo della lotta tra libertà artistica e controllo ideologico. L’opera ha affrontato una lunga e travagliata strada verso la luce, che ha coinvolto tanto la sofferenza del suo autore quanto le dure restrizioni imposte dal regime sovietico. La censura, quindi, non è solo un tema interno alla narrazione, ma una lente attraverso cui si può osservare l’interazione tra potere e creatività in un regime totalitario.

Bulgakov visse un’esistenza segnata dalla censura e dal controllo statale. Dopo il successo iniziale con La Guardia Bianca, venne progressivamente emarginato dal sistema culturale sovietico, subendo il divieto di rappresentare molte delle sue opere teatrali. Il Maestro e Margherita nacque in questo contesto sotto forma di satira non solo del potere sovietico, ma anche della stessa intellighenzia dell’epoca. L’opera si inserisce in un periodo di grande fermento ideologico, segnato dalla politica di Stalin e dalla sorveglianza sull’arte e la letteratura. Il governo sovietico imponeva una censura severa mirata a eliminare qualsiasi contenuto considerato anticomunista o che minasse l’autorità dello Stato. Nonostante il suo talento, durante la stesura del romanzo Bulgakov si trovò presto a fare i conti con i limiti imposti dalla censura. Tematiche come la religione, la rappresentazione del potere autoritario e la critica alla burocrazia sovietica erano troppo evidenti e pericolose per passare inosservate.

La lotta del protagonista, il Maestro, per completare la sua opera su Pilato, continuamente sabotata dai funzionari del regime, diventa una metafora della stessa esperienza vissuta dall’autore, costretto a confrontarsi con la repressione del suo lavoro. Il romanzo proietta una Mosca che si intreccia con elementi soprannaturali, dove il potere statale è costantemente messo in discussione. I funzionari sovietici, rappresentati come ipocriti e corrotti, incarnano l’incapacità del regime stalinista. L’immagine della censura che blocca la produzione artistica, ma che non può annientare l’arte, diventa un tema ricorrente. E la resistenza del Maestro e della sua creazione simboleggia l’incrollabile natura della verità artistica che persiste nonostante l’oppressione.

Un aspetto fondamentale – ma tra i meno discussi – del romanzo è la critica interna alla comunità intellettuale sovietica, che Bulgakov dipinge come corrotta, opportunista e servile nei confronti del potere. Personaggi come Berlioz e i membri della Massolit, l’associazione sovietica degli scrittori, rappresentano una classe creativa che ha sacrificato l’integrità per privilegi materiali, contribuendo attivamente alla repressione culturale. Questo introduce un elemento chiave della censura sovietica: non solo il controllo dall’alto, ma anche l’autocensura e la delazione tra scrittori e artisti stessi.

Negli anni ’30 la censura era brutale e diretta: opere giudicate pericolose venivano proibite e i loro autori perseguitati. Tuttavia, quando il romanzo veniva pubblicato (negli anni ’60), la censura aveva assunto una forma più sottile, operando tramite tagli, interpretazioni ideologiche e selezione dei testi da pubblicare. Questo passaggio dalla repressione violenta alla censura “morbida” è emblematico dell’evoluzione del controllo statale sulla cultura sovietica. Un altro aspetto che rende Il Maestro e Margherita un’opera anomala nel contesto sovietico è poi l’assenza di operai, contadini o lavoratori manuali, classi popolari che l’arte socialista doveva esaltare. Bulgakov si concentra invece su scrittori, critici e funzionari culturali, riflettendo non solo un intento satirico, ma anche la consapevolezza che la censura e il controllo ideologico non riguardavano solo le masse, ma anche l’intellighenzia.

Quando il romanzo fu finalmente pubblicato, seppur con tagli, divenne simbolo per una nuova generazione di intellettuali sovietici. L’interpretazione dell’opera cambiò tuttavia radicalmente rispetto all’intento originale dell’autore. Se Bulgakov aveva dipinto la classe creativa con ironia e disincanto, i lettori della tarda epoca sovietica la percepirono come una difesa della libertà artistica contro l’oppressione statale. Questo fenomeno evidenzia come il potere della censura risieda non solo nell’eliminazione dei testi, ma anche nella loro manipolazione ideologica e reinterpretazione nel tempo. L’eredità della vecchia intellighenzia sovietica, con i suoi compromessi e ambiguità, si trasmise anche alle generazioni successive. Negli anni di Brežnev la censura divenne meno violenta ma più pervasiva, preferendo pubblicare testi scomodi in versioni edulcorate piuttosto che eliminarli completamente. Questo spiega perché Il Maestro e Margherita riuscì a circolare negli anni ’60-’80, pur mantenendo un’aura di proibito e sovversivo.

Il caso del romanzo offre una chiave di lettura interessante per comprendere la censura nell’attuale Russia di Putin. Se negli anni ’30 la repressione era esplicita e negli anni ’60-’80 più sottile, oggi assistiamo a una combinazione di entrambe le strategie. La censura non si manifesta solo con il divieto di contenuti, ma anche attraverso pressioni economiche, sociali e giudiziarie su artisti e intellettuali non allineati.

Nel 2024, la trasposizione cinematografica de Il Maestro e Margherita di Michael Lockshin – regista nato negli Stati Uniti ma cresciuto tra il suo Paese natale e la Russia, noto per le sue posizioni critiche nei confronti dell’invasione dell’Ucraina – ha riacceso il dibattito culturale russo, suscitando polemiche tra figure vicine al governo. Il film è stato accusato non solo di assumere posizioni anti-regime, ma anche di fomentare un odio ingiustificato verso il passato sovietico del Paese, alimentando un’immagine negativa dell’epoca staliniana. In alcuni ambienti nazionalisti è stata richiesta la sua rimozione dalle sale assieme a un’indagine sul regista, criticando il fatto che un’opera considerata sovversiva fosse stata finanziata dallo Stato. Nonostante queste richieste, le autorità hanno evitato di intervenire, probabilmente a causa del grande successo del film tra il pubblico.

Le reazioni alla pellicola dimostrano come il controllo culturale rimanga un pilastro della politica russa contemporanea, con la narrazione storica che diventa terreno di scontro ideologico. La critica alla società totalitaria nel romanzo di Bulgakov è stata letta da alcuni come un attacco diretto alla realtà politica attuale, con diversi commentatori che hanno sottolineato le inquietanti somiglianze tra la Mosca degli anni ’30 e la Russia odierna, segnata dal controllo ideologico e dalla repressione del dissenso.

La vicenda del film si inserisce in un contesto di crescente repressione culturale. Negli ultimi anni, numerosi artisti, scrittori e registi sono stati perseguitati o ostracizzati per posizioni contrarie alla linea ufficiale del Cremlino. Le accuse di “discredito dell’esercito” e il controllo sulle produzioni artistiche ripropongono dinamiche della censura sovietica, mostrando come il potere politico continui a usare la cultura come strumento ideologico. Il parallelo tra la censura sovietica e quella contemporanea emerge chiaramente nel modo in cui lo Stato reagisce alle opere che mettono in discussione la sua autorità.

Sebbene il contesto sia cambiato, il rapporto tra intellettuali e potere in Russia resta segnato da tensioni. Il romanzo di Bulgakov rimane attuale: la sua critica alla corruzione della classe intellettuale e al conformismo imposto dal potere rispecchia dinamiche che persistono nella Russia di oggi. L’uso della censura come strumento per controllare la narrazione ufficiale e la percezione della realtà è un’eredità sovietica che, pur con modalità diverse, resta centrale nel rapporto tra Stato e cultura. Il Maestro e Margherita è non solo un capolavoro letterario, ma anche un documento storico che testimonia il costante scontro tra arte e potere: la sua censura, la sua ricezione e la sua mitizzazione rivelano i meccanismi attraverso cui lo Stato ha cercato di controllare la cultura e la memoria storica, e oggi lo studio dell’opera offre l’opportunità di riflettere sulle strategie di controllo culturale della Russia contemporanea.

Virginia Gatto

Tags: ArtiCensuraRussiastoria
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