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Home Caucaso

Verso il completamento del Southern Gas Corridor

di Andrea Rosso
19 Marzo 2019
in Caucaso, Energia e Ambiente
Tempo di lettura: 4 mins read
Verso il completamento del Southern Gas Corridor

Il 20 febbraio 2019 si è tenuto a Baku il quinto incontro del Consiglio per il Southern Gas Corridor (SGC) a livello ministeriale. Il Southern Gas Corridor è un progetto che consta di una serie di opere in grado di convogliare il gas naturale estratto dal bacino di Shah Deniz II, in Azerbaigian, attraverso la regione del Caucaso e la Turchia fino in Europa.  L’opera, infatti, rappresenta un’importante tassello della politica di sicurezza energetica europea. Il percorso si snoda dal terminal di Sangachal alla Trans Anatolian Natural Gas Pipeline (TANAP) e infine alla Trans Adriatic Pipeline (TAP) toccando i territori di sette nazioni. La cerimonia inaugurale si è tenuta a Baku nel maggio del 2018 di poco seguita dall’apertura del TANAP nel giugno dello stesso anno. Dopo essere stato bersaglio di recenti critiche da parte del governo italiano, il termine dei lavori del TAP è prevista entro il 2020.

L’insieme del progetto del SGC costituisce una priorità non solamente per l’Unione Europea, sempre orientata alla diversificazione delle proprie fonti di approvvigionamento, soprattutto sul fronte orientale, ma anche per i numerosi Paesi che sono coinvolti nella realizzazione delle infrastrutture. Al meeting a Baku di febbraio erano presenti i rappresentanti di 17 governi. Per l’Italia era presente il sottosegretario del MiSE Andrea Cioffi, nonché il Commissario europeo al Budget Gunther Oettinger e vicesegretario del Dipartimento di Stato USA per l’energia Sandra Oudkirk.

La presenza di questi ultimi due, in particolare, testimonia l’interesse nel progetto da parte delle istituzioni europee e degli Stati Uniti, pronti a fare da sponsor e facilitare il dialogo nei consessi dedicati alle forniture energetiche che rappresentano un’alternativa al gas russo.

Il percorso del Southern Gas Corridor

​L’importanza del Gas nella regione

In un contesto politico internazionale sempre più attento alle politiche climatiche lo sviluppo di infrastrutture più efficienti e moderne è uno dei punti focali. Nel mezzo della transizione energetica – quel fenomeno complesso fatto di politiche e sviluppi tecnologici che dovrebbe accompagnare verso la decarbonizzazione dell’economia e il contestuale sviluppo delle energie rinnovabili – il gas naturale si presenta come la fonte energetica ottimale. Le abbondanti riserve della regione del Caspio potranno garantire a tutti i Paesi coinvolti un approvvigionamento costante e sicuro, mentre verranno sviluppate ulteriori tecnologie efficienti e a minor impatto ambientale.

Inoltre, tenendo conto degli scenari di sviluppo economico e demografico dell’area, compresa quella dei Balcani, i Paesi necessiteranno di maggiori risorse per alimentare le proprie economie. Ecco dunque che il SGC fornisce una risposta alle richieste di energia a minor impatto ambientale, soddisfacendo al tempo stesso una domanda in costante crescita

Non da ultimo, nel considerare il ruolo e l’importanza del SGC, bisogna considerare le politiche di approvvigionamento dell’Unione Europea. Se la dipendenza dell’UE dal gas russo per molti anni non ha destato particolare problemi, la criticità della situazione si è presenta solamente negli anni recenti.

Nel 2006 e nel 2009 dispute tra Ucraina e Russia – e il conseguente blocco delle esportazioni da parte di quest’ultima – sul transito di gas hanno costretto molti Paesi europei ad adottare misure di emergenza per far fronte agli ammanchi di gas. L’Unione Europea è subito intervenuta finanziando e supportando la realizzazione di progetti alternativi che permettessero l’approvvigionamento di energia da aree e attraverso rotte alternative.

Un primo esempio, fallimentare, di questa politica è stato il South Stream. Il gasdotto avrebbe dovuto portare gas russo in Europa attraverso la Bulgaria, e non più l’Ucraina. Tuttavia, complicazioni dal punto di vista procedurale e burocratico, hanno bloccato la realizzazione del progetto nelle sue fasi iniziali, coinvolgendo anche l’italiana Saipem attraverso contratti di fornitura dal valore di circa 2,5 miliardi di euro.

Ora invece il SGC ha Saputo riunire gli interessi di più Paesi al fine di realizzare un’opera in grado di trasportare fino a 120 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla regione del Caspio fino in Europa, sollevando altre due questioni collegate.

La forte presenza di Paesi balcanici al vertice – Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Montenegro e Romania – sottolinea l’importanza che il progetto riveste per l’intera area. Questi governi cercano un’intesa per la realizzazione di un’ulteriore costola del SGC attraverso i loro territori fino al centro di stoccaggio e di distribuzione austriaco di Baumgartner. Tale soluzione permetterebbe ai Paesi coinvolti un facile accesso a una fonte di energia con dei prezzi contenuti al fine di sostenere e rilanciare le proprie economie.

Altro punto di attenzione è il ruolo della Russia. Coinvolta in modo marginale nella vicenda SGC, il ministro dell’Energia russo ha fatto sapere che potrebbe prendere in considerazione l’opzione di far transitare parte del gas in arrivo per mezzo del Turkish Stream attraverso la parte finale del SGC, ossia il TAP. Questa alternativa è ancora in fase di valutazione e per il momento si inserisce in un disegno più ampio di Mosca di far arrivare in Europa il gas dalle rotte settentrionali e meridionali aggirando l’Ucraina.

Il SGC si presenta dunque come un’opera dall’elevata importanza strategica che, una volta completata, sarà in grado di incidere profondamente sullo scenario energetico del fronte meridionale europeo.​​​​​​​​​

Quinto Summit del Consiglio interministeriale per il Southern Gas Corridor (SGC), Baku, 20 febbraio 2019
Tags: AzerbaigiangasUE
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Andrea Rosso

Andrea Rosso

Coordinatore desk Energia e Ambiente. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso il SID di Forlì. Ha studiato e lavorato all’estero approfondendo la conoscenza dell’area post sovietica con soggiorni di studio in Russia, esperienze lavorative presso il MAECI e l’OSCE e presso una ONG internazionale in Tagikistan. Già analista energetico, segue con passione gli sviluppi principali inerenti l’energia e l’ambiente nell’area post sovietica e non solo.

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