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Home Bielorussia

“Peremen”, la marcia bielorussa verso il cambiamento

di Jessica Venturini
24 Agosto 2020
in Bielorussia
Tempo di lettura: 7 mins read

Peremen, “Cambiamenti”, è di questo che parla la canzone dei Kino che sta accompagnando le proteste bielorusse iniziate la sera del 9 agosto, non appena sono stati diffusi i primi risultati ufficiali delle elezioni presidenziali. Si tratta di manifestazioni senza precedenti nella storia del Paese e sembra che non si fermeranno fino a quando i cittadini non avranno ottenuto ciò che chiedono: elezioni libere e democratiche​.

Se nel corso degli ultimi 26 anni Lukashenko è sempre riuscito a eliminare ogni forma di dissenso senza particolari problemi, questa volta non ha fatto i conti col popolo bielorusso e col crescente malcontento, sempre più diffuso tra la popolazione. Uno dei fattori chiave delle proteste in atto è proprio il fatto che queste non coinvolgono solo determinate categorie di persone, ma tutti, sia nelle grandi città che nei centri più piccoli. E proprio questo era l’intento delle tre donne diventate simbolo dell’opposizione, cioè di rappresentare tutti gli insoddisfatti dell’attuale regime.

Tre donne, la Tikhanovskaya, la Tspekalo e la Kalesnikava che, seppure in maniera diversa, stanno continuando a far sentire la loro presenza anche adesso. La Kalesnikava è l’unica che per il momento si trova ancora in Bielorussia. La mattina del 7 settembre si è diffusa la notizia del suo presunto rapimento, avvenuto, secondo quanto riportato da Tut.by, in pieno centro a Minsk nei pressi del Museo nazionale d’arte. Ad oggi sappiamo che è detenuta in un centro della capitale, è riuscita a incontrare il suo avvocato e, oltre a confermare il rapimento, ha dichiarato di aver ricevuto minacce di morte e di essere stata portata al confine ucraino per essere espulsa. Qui, pur di non lasciare il proprio Paese, ha strappato il suo passaporto per impedire l’espatrio forzato. Ha anche rilasciato un comunicato molto dettagliato in cui racconta ciò che le è successo, denuncia i servizi segreti bielorussi e chiede che venga aperta un’inchiesta.

Anche Svetlana Aleksievič, Premio Nobel per la letteratura e unico membro del Consiglio di coordinamento dell’opposizione rimasta in libertà, continua a far sentire la sua voce. Ha già ricevuto delle minacce, ma seguita ad esprimere il suo dissenso. Moltissime donne bielorusse scendono in strada ogni giorno, vestite di bianco, tenendosi per mano e sfidando la polizia. Tra loro, Nina Baginskaya, una pensionata e attivista civile che senza paura affronta anche la polizia antisommossa (OMON), è diventata uno dei volti delle proteste.

Il bianco è diventato il colore simbolo dell’opposizione e già da prima delle elezioni era possibile riconoscere i sostenitori della Tikhanovskaya tramite un braccialetto di questo colore. Un altro simbolo è l’onnipresente bandiera bianco-rosso-bianca, la prima bandiera utilizzata dalla Bielorussia indipendente dopo il crollo dell’Unione sovietica (già utilizzata per un breve periodo nel 1918). Venne sostituita con quella attuale rossa e verde nel 1995 per volontà di Lukashenko, in seguito a un referendum.

Le proteste hanno un carattere assolutamente pacifico e civile. Fin dal primo giorno non ci sono stati casi di violenza da parte dei manifestanti e nelle rare occasioni in cui qualcuno si è dimostrato aggressivo sono stati gli stessi partecipanti a fermare e allontanare tali elementi. C’è sempre stato, inoltre, una gran senso civico e rispetto delle città. Ma quello che ha caratterizzato fortemente i bielorussi in questi giorni è stato sicuramente il modo in cui hanno risposto alla violenza da parte delle istituzioni. Ci sono infatti state numerose violazioni dei diritti umani: migliaia di persone sono state arrestate e torturate, molte sono state colpite direttamente in strada; non si sa ancora il numero esatto delle persone che sono scomparse; diverse persone sono morte.

I cittadini hanno risposto a questa spirale di violenza con tenacia e atti di gentilezza. Nonostante la paura hanno continuato a manifestare e si sono spesso dimostrati comprensivi nei confronti delle forze dell’ordine. In alcuni casi le donne bielorusse hanno distribuito fiori ai militari o sono corse ad abbracciarli quando in determinate occasioni hanno abbassato gli scudi. In molti hanno anche scelto di abbandonare la divisa, motivo per cui sono nate diverse piattaforme per aiutare chi è rimasto senza lavoro.

​La solidarietà dei bielorussi e dei sostenitori della loro causa si sta manifestando su più livelli. Nel quotidiano sono in molti a portare acqua e cibo alle persone in strada, così come sono molti i lavoratori che si mettono a disposizione per aiutare come possono. Sono inoltre stati creati numerosi fondi (anche all’estero) per aiutare le persone in difficoltà a livello economico. In molti Paesi sono stati organizzati eventi in segno di supporto alla causa.

Lukashenko non vuole ammettere la sconfitta e ha dichiarato che i manifestanti sono principalmente criminali e disoccupati, cosa non vera. In strada ci sono tutti. Sono presenti tutte le generazioni e tutte le categorie sociali. Sono scesi in strada i medici, a cui è stato impedito di fare il proprio lavoro, il coro della Filarmonica di Minsk ha continuato a cantare in segno di protesta anche sotto la pioggia, molti operai delle fabbriche statali sono in sciopero, diversi conduttori televisivi si sono licenziati (altri non graditi sono stati allontanati per poi essere sostituiti dai colleghi russi). Questi sono solamente alcuni esempi.

Lukashenko ha anche provato ad organizzare delle manifestazioni in suo sostegno, ma con scarsi risultati, facendo arrivare nella capitale persone provenienti da tutto il Paese. L’unica strategia che conosce è quella dei ricatti e della violenza, ma questa volta sembra non funzionare. Perfino molte delle persone che sono state torturate sono tornate in piazza, mostrando i segni delle violenze ricevute.

Quello di cui non si è reso conto “l’ultimo dittatore d’Europa” è che i tempi sono cambiati, sotto tutti i punti di vista, e uno degli errori che ha fatto è stato sicuramente quello di sottovalutare l’ampio uso della tecnologia. I canali di stampa indipendenti sono aumentati negli ultimi anni e in molti hanno iniziato a ritenerli più attendibili di quelli ufficiali. Fondamentale per il coordinamento di tutte le attività e per lo scambio d’informazioni è sicuramente Telegram, che è uno degli elementi chiave di queste proteste. Oggigiorno è altresì possibile evitare o limitare i soliti blocchi di internet tramite l’uso di strumenti come VPN; è in questo modo che in molti sono riusciti a collegarsi e a passarsi informazioni nonostante la rete sia stata interrotta.

Ci sono stati diversi momenti chiave come ad esempio la “marcia della libertà” che si è svolta il 16 agosto a Minsk o l’enorme protesta del 23 agosto. Il 18 agosto, giorno del compleanno di Sergej Tikhanovskij, in molti si sono radunati sotto il carcere in cui si trovava per augurargli buon compleanno. Così come ci sono stati eventi salienti in molte altre città, ma quello che caratterizza queste proteste è la loro continuità. Le persone continuano a ripetere che saranno lì “ogni giorno” e fino ad ora hanno rispettato quanto detto.

Le manifestazioni e gli scioperi vanno avanti e i cittadini vogliono limitare ulteriormente le entrate statali in vari modi, ad esempio diminuendo l’acquisto di tabacchi e alcolici. “Vattene!”, questo è quello che continuano a gridare a Lukashenko, che ormai gira solamente in elicottero per questioni di sicurezza. Ha ancora il controllo dell’esercito, ma è sempre più isolato

Tags: Aljaksandr LukashenkaelezioniMinskProteste
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Jessica Venturini

Jessica Venturini

Dopo aver concluso la laurea triennale in Mediazione Linguistica e Interculturale presso La Sapienza (in russo e romeno), decide di proseguire gli studi nella stessa università iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Economics for Development. Consegue inoltre il doppio titolo italo-kazako studiando per un anno alla facoltà di Storia della KazNU di Almaty. Ha terminato da qualche mese un master alla SIOI e ora sta svolgendo un tirocinio presso il Ministero della Transizione Ecologica, dove è impegnata nel settore della cooperazione bilaterale.

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