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Home Politica estera russa

La Moldova torna a Occidente, ma non irrita Mosca. Intervista a Mirko Mussetti

di Jessica Venturini
17 Novembre 2020
in Politica estera russa, Russia, Ucraina e Moldova
Tempo di lettura: 6 mins read
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La vittoria di Maia Sandu al ballottaggio delle elezioni presidenziali di domenica apre una nuova fase della storia moldava. Per coglierne appieno la portata storica, abbiamo intervistato Mirko Mussetti, analista di geopolitica e geostrategia esperto di Moldova. Mussetti collabora con Limes, rivista italiana di geopolitica, ha pubblicato “Áxeinos! Geopolitica del Mar Nero” (2018) e “Némein. L’arte della guerra economica” (2019), ed è vincitore della settima edizione del Premio Voltaire per la saggistica di Lucca (2019).

  • Con oltre il 57% delle preferenze, Maia Sandu ha vinto le elezioni presidenziali in Moldova. Cosa prevede il suo programma? E cosa dobbiamo aspettarci dalla sua azione politica?

La vittoria di Maia Sandu è totale: ha vinto nella capitale Chişinău; ha vinto nelle zone rurali; ha vinto all’estero. Questo grande consenso dovrà essere immediatamente capitalizzato. Tra le prime mosse potrebbe esservi lo scioglimento del parlamento monocamerale e l’indizione di elezioni anticipate già nel 2021. Questo prevede l’accordo con il filorusso Renato Usatîi, che le ha garantito l’appoggio al secondo turno in cambio di una rivisitazione della composizione parlamentare, di cui vuol far parte. Con una nuova maggioranza filo-occidentale, Maia Sandu spera di ottenere un maggiore sostegno finanziario dall’Unione Europea e dalla vicina Romania, un consistente aiuto sanitario per affrontare la crisi pandemica, intensificare la lotta alla corruzione endemica. E forse, sottotraccia, consolidare lo spirito unionista, attestando il consenso all’unificazione alla Romania ad almeno un terzo della popolazione.

  • L’affluenza, specialmente nel primo turno, è stata molto bassa. A cosa è dovuto e quanto ha influito il Covid-19 nella scelta di non recarsi alle urne?

La bassa affluenza è dovuta principalmente a tre fattori: primo, la diffusa disillusione nei confronti di una classe politica stantia; secondo, il timore generato dalla circolazione del nuovo coronavirus; terzo, le grame condizioni economiche che impediscono agli studenti maggiorenni il ritorno al villaggio di origine/residenza per esprimere il proprio voto. Non deve stupire che anche nel secondo turno, quando l’affluenza alle urne è stata molto maggiore, sia stato proprio il dato dei giovani ad essere deficitario, nonostante gran parte di essi sposino gli ideali europeisti propugnati da Sandu.

  • I voti della diaspora hanno avuto un ruolo fondamentale nella prima tornata elettorale, ribaltando il risultato. Come sono andate le cose nella giornata di ieri e in particolare a chi sono andate le preferenze dei cittadini moldavi residenti in Russia?

    Al turno di ballottaggio si è registrata una presenza massiccia di elettori della diaspora (262.739 votanti). Si sono verificate lunghe code in tutte le sezioni di voto occidentali fin da prima l’apertura dei seggi. Si è registrato un incidente a Francoforte, dovuto ad un falso allarme bomba che ha causato la sospensione delle elezioni per circa un’ora. Potrebbe essere un allarme lanciato da un simpatizzante del presidente uscente nel tentativo di stroncare l’elevata affluenza favorevole a Maia Sandu. La candidata del partito Pas ha surclassato il rivale, ottenendo il consenso del 92,94% della diaspora. Il Comitato elettorale di controllo (cec.md) non fornisce ancora i dati suddivisi per collegi all’estero ma, in considerazione del risultato complessivo, il presidente uscente potrebbe non aver ottenuto risultati eclatanti neppure tra i concittadini residenti nella Federazione. E questo potrebbe essere il segno che sia stato proprio il Cremlino a voltare per primo le spalle al politico filorusso, considerato negli ambienti moscoviti troppo debole e pretenzioso.
  • Come sono distribuiti i voti all’interno del Paese e come hanno votato i cittadini della Transnistria e della Găgăuzia?

    Non solo Sandu ha vinto nella capitale, ma anche in storici bastioni socialisti nell’ambiente rurale.
    Rispetto al primo turno vince in ben cinque distretti conquistati al primo turno dal rivale Dodon (Ungheni, Rezina, Cahul, Căuşeni e Anenii Noi), a cui si aggiungono due distretti vinti dai candidati Violeta Ivanov (Orhei) e Renato Usatîi (Sîngerei). A Dodon non sono bastati i risultati “bulgari” nell’Unità territoriale autonoma di Gagauzia (94%), nella provincia di Taraclia (93%), e tra i residenti della repubblica separatista di Transnistria (85% circa), abitate in larghissima misura da minoranze. Il caso della Transnistria è particolare: per dare un ausilio al presidente uscente filorusso, le autorità di Tiraspol hanno addirittura sospeso le restrizioni alla circolazione, dovute alla pandemia, e organizzato viaggi oltre-Nistru per i cittadini transnistriani (che posseggono il diritto di voto in Moldova!) che volessero votare Dodon in cambio di 200 rubli transnistriani (10 euro circa). Neppure questo pacchetto di voti garantito ha evitato al presidente uscente la disfatta.
  • Renato Usatîi è uno dei candidati che si è maggiormente distinto nel primo turno. È arrivato terzo, ma all’estero ha ricevuto più voti di Dodon. Quanto ha influito la sua scelta di appoggiare Sandu?

    Sicuramente ha influito molto. Un distretto da lui vinto nel primo turno ha appoggiato la neo-presidente Sandu. Inoltre le sue dichiarazioni possono aver spinto all’astensionismo molti elettori filorussi che avrebbero altrimenti votato per Igor Dodon. All’estero Usatîi ha ottenuto successo anche per come è intervenuto in primavera in soccorso dei connazionali rimasti bloccati fuori dal Paese a causa delle restrizioni ai viaggi, mettendo mano a fondi propri e organizzando viaggi di rientro. Operazioni che non è stato in grado di fare l’allora capo dello stato Dodon, nonostante gli annunci.
  • Maia Sandu è la prima presidentessa della Moldova. Cosa rappresenta questo per il Paese e com’è più in generale la situazione inerente alla parità di genere?

Sulla parità di genere la Moldova deve fare ancora molti passi, ma la strada è quella giusta e i risultati sono incoraggianti. Le università del paese sono in maggioranza frequentate da studentesse e le donne ricoprono già posizioni di rilievo nei quadri delle aziende o in lavori impiegatizi qualificati. Sarebbe sbagliato ridurre la vittoria di Sandu ad un successo di genere. La neo-presidente ha vinto perché la sua proposta politica è stata ritenuta migliore dalla cittadinanza nel suo complesso: tra gli uomini e tra le donne, tra i giovani e tra gli anziani, nelle città e nelle campagne.

  • Spesso quando si parla di Moldova si fa riferimento alla forte contrapposizione tra europeisti e filorussi. Non le sembra un po’ riduttivo? Queste elezioni possono essere considerate la prova del fatto che c’è molto altro?
Storicamente la politica estera della Repubblica Moldova è caratterizzata dalla sindrome del viţel deştept, ovvero del “vitello intelligente” che cerca di allattarsi da due vacche: l’Unione Europea e la Russia. La cosa non deve apparire strana: in fin dei conti la Moldova è caratterizzata da due anime, dovute alla sua posizione di frontiera tra i blocchi geopolitici. Essa è un Paese molto povero che cerca di conservare la propria indipendenza lucrando residui margini economici qua e là, un po’ come nella sua storia passata di conteso voivodato. Ma questo orientamento politico pare sempre più scomodo e indispettisce le grandi potenze, soprattutto la Russia, che in Bessarabia (non Transnistria) non intravede alcun vantaggio strategico o economico. La proposta politica di Sandu è semplice e risoluta: stare al fianco delle cancellerie occidentali (e della Romania), ma con un atteggiamento pragmatico e collaborativo nei confronti di Mosca. Non deve stupire quindi che il presidente russo Vladimir Putin abbia spedito già ieri un cordiale telegramma di congratulazioni al nuovo capo di stato.​
 
  • Con Maia Sandu cambierà l’orientamento geopolitico di Chişinău? E che reazioni dobbiamo aspettarci da Mosca?

Con Maia Sandu l’orientamento geopolitico filo-occidentale sarà marcato. La cosa non dovrebbe indispettire Mosca, che nella piccola nazione ha sempre meno interessi e sempre meno voglia di investire risorse economiche e burocratiche. Diverso è il discorso della regione separatista della Transnistria, dove i militari russi preservano un bastione avanzato per frenare l’allargamento della Nato ad est. Se gli apparati di Washington, ancor prima dei vertici di Chişinau e Bucarest, riconoscessero il fiume Nistru/Dnestr come chiara linea di demarcazione delle sfere di influenza, il Cremlino potrebbe persino accettare l’Unirea (unificazione) della Bessarabia alla Romania senza patemi. D’altronde il gasdotto Iaşi-Ungheni-Chişinău è ultimato, e con esso altri progetti energetici, che dovrebbero svincolare la Moldova dalla dipendenza delle fonti energetiche orientali, agganciandosi invece al mercato romeno. Non bisogna sopravvalutare l’importanza che l’ex repubblica sovietica riveste nella politica estera del Cremlino. Il primo incontro ufficiale da presidente insediato sarà con l’omologo romeno Klaus Iohannis a Chisinau. Un messaggio simbolico a rimarcare che il capo dello Stato della “madrepatria” si senta a casa propria in Bessarabia, senza che la neo-eletta debba recarsi a Bucarest per accreditarsi come vassallo.


Tags: elezioniMoldaviaRomaniaRussiaTransnistriaUcrainaUE
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Jessica Venturini

Jessica Venturini

Dopo aver concluso la laurea triennale in Mediazione Linguistica e Interculturale presso La Sapienza (in russo e romeno), decide di proseguire gli studi nella stessa università iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Economics for Development. Consegue inoltre il doppio titolo italo-kazako studiando per un anno alla facoltà di Storia della KazNU di Almaty. Ha terminato da qualche mese un master alla SIOI e ora sta svolgendo un tirocinio presso il Ministero della Transizione Ecologica, dove è impegnata nel settore della cooperazione bilaterale.

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