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Home Geopolitica

Sputnik V, un altro strumento per la diplomazia del Cremlino

di Cecilia Tresoldi
20 Febbraio 2021
in Geopolitica, Russia
Tempo di lettura: 6 mins read
Sputnik V, un altro strumento per la diplomazia del Cremlino

La gestione della distribuzione e somministrazione del vaccino russo Sputnik V sta facendo emergere le priorità che hanno caratterizzato la strategia del Cremlino negli ultimi anni. Esse consisterebbero in una politica estera forte che dia rilevanza alla Russia a livello globale e la crescita di Mosca come una global city riconosciuta dalla comunità internazionale. Tali obiettivi tuttavia mettono in secondo piano le regioni più remote del Paese, allontanando ulteriormente la popolazione dalle istituzioni.

L’11 agosto scorso Vladimir Putin ha annunciato la registrazione del primo vaccino anti-Covid al mondo. Questa notizia è stata accolta con forte scetticismo dalla comunità scientifica. L’approvazione frettolosa prima del compimento della Fase III degli studi clinici ha infatti fatto scattare un campanello d’allarme. Tale preoccupazione è stata ulteriormente confermata nel momento in cui il governo si è rifiutato di pubblicare riscontri scientifici a garanzia della qualità del farmaco. In seguito all’annuncio, Sputnik V è stato somministrato unicamente all’interno della Federazione a categorie limitate in ambito militare. Solo il 7 Dicembre Putin ha dichiarato l’avvio della vaccinazione di massa, che tuttavia fatica a decollare.

La gestione dei vaccini si sta infatti dimostrando ostica per molti Paesi. Gli Stati europei, baluardo della solidarietà durante la pandemia, si scontrano per assicurarsi un numero maggiore di dosi e lamentano ritardi nelle consegne. La Russia, da parte sua, godendo di un vaccino prodotto da laboratori statali dovrebbe dimostrare maggiore agilità nella sua distribuzione e somministrazione. Tuttavia, neppure nella Federazione mancano forti rimostranze da parte della popolazione.

Mosca è sicuramente la città che ha visto una maggiore disponibilità del farmaco. Se i rappresentanti dei “gruppi a rischio” (medici, insegnanti, assistenti sociali e rappresentanti di altre professioni) non sono in coda, allora a chiunque si trovi in sala d’aspetto esso viene inoculato. Per ogni flacone vengono infatti vaccinate cinque persone e la formula deve essere iniettata entro le due ore dalla sua apertura, spingendo il personale sanitario ad accogliere chiunque sia disposto a farsela somministrare. Nelle altre regioni invece i farmaci sembrerebbero arrivare solo su carta.  Medici intervistati da diverse testate giornalistiche a Bryansk e in Siberia sostengono che la popolazione è disposta a farsi vaccinare, eppure non vi sono dosi disponibili. La stessa direzione degli ospedali sostiene di non sapere se o quando queste arriveranno.

In verde scuro, i Paesi che hanno ordinato e distribuiscono dosi di Sputnik V. In verde chiaro, quelli che hanno mostrato interesse per il vaccino russo o lo stanno testando (3 marzo 2021)

Numerose cliniche si sono dichiarate pronte ad accogliere le consegne del vaccino, eppure queste faticano ad arrivare. Sono dunque emersi numerosi problemi legati alla cattiva organizzazione e al trasporto, nonostante Putin stesso abbia dichiarato che Sputnik V è il farmaco più facilmente trasportabile. Non sono necessarie celle frigorifere apposite, in quanto esso può essere conservato ad una temperatura tra i 2 e gli 8°C.

Il basso numero di vaccinati è dovuto anche al fatto che la popolazione continua ad essere diffidente a causa della mancanza dei controlli di qualità sopracitati. Putin stesso, che ha 68 anni, ha alimentato lo scetticismo dichiarando a dicembre che si sarebbe fatto somministrare il vaccino solo nel momento in cui esso sarebbe stato reso disponibile per le persone comprese nella sua fascia d’età. Secondo Levada Center, centro sondaggi russo indipendente, solo il 38% della popolazione è disposta a farsi somministrare il vaccino. Molti farebbero infatti coincidere la qualità del farmaco con la somministrazione da parte del Presidente.

Tale percentuale potrebbe tuttavia aumentare nelle prossime settimane. Il 2 febbraio The Lancet, una tra le più importanti riviste mediche, ha confermato l’efficacia del farmaco, rilanciando la sua reputazione e dando un importante incentivo alla sua produzione ed esportazione. Il settimanale ha infatti dimostrato che Sputnik V fornisce la stessa, se non maggiore, protezione rispetto a quelli occidentali. Il vaccino russo ha un’efficacia pari al 91.6%, Pfizer e Moderna del 95%, mentre AstraZeneca del 60% e Johnson&Johnson del 66%.

Tale pubblicazione ha attirato ulteriormente l’interesse di numerosi Paesi a cui Mosca ha promesso quantità importanti di dosi. L’aumento degli accordi del Cremlino con Paesi terzi ha peggiorato ancora di più il malcontento di una parte dell’opinione pubblica. Sono sorte infatti importanti critiche legate al fatto che Mosca ha firmato contratti da milioni di dosi con altri Paesi come Argentina, Messico, Bielorussia e Iran, dando dunque la priorità alla loro esportazione piuttosto che alla diffusione interna. Alexander Gintsburg, direttore dell’Istituto Gamaleya, ha affermato che la Russia non esporterà i vaccini veri e propri, quanto la tecnologia per produrli, dal momento che non bastano neanche per il Paese stesso. Ad ogni modo, per ora la maggior parte degli accordi prevedono esportazioni dirette dalla Federazione. Solo pochi stati, tra cui l’India, hanno firmato accordi per la produzione locale.

Grazie alle esportazioni, il vaccino non solo permetterebbe a Mosca di risollevare il proprio Paese evitando nuovi lockdown e riavviando l’economia. Esso diventerebbe anche uno strumento vitale per il ritorno in auge del Paese nella comunità internazionale. Non è un caso che il vaccino sviluppato dal Centro di Epidemologia e Microbiologia Gamaleya si chiami proprio Sputnik V, nome dalle importanti implicazioni geopolitiche. Esso farebbe riferimento al primo satellite al mondo, il cui lancio nel 1957 ha permesso il trionfo dell’Unione Sovietica sugli Stati Uniti nella corsa allo spazio. Il nome indicherebbe proprio il successo del Paese nell’essere il primo ad aver approvato un vaccino.

L’arrivo del vaccino russo Sputnik V in Argentina.

La nuova strategia adottata da Mosca coincide dunque con la cosiddetta diplomazia del vaccino. La  vendita del suo farmaco, darebbe alla Russia la possibilità di perseguire il prestigio globale, aumentando la sua influenza e i suoi alleati. Già cinquanta Paesi ne hanno richiesto l’esportazione. In risposta, il Cremlino sta guardando con grande interesse al Medio Oriente, regione dove la Federazione sta acquistando sempre maggiore rilevanza in ambito geopolitico, all’America Latina e all’Asia con le loro economie crescenti. Ad esempio, il Messico ha firmato un accordo di importazione di 7,4 milioni di dosi di Sputnik V, mentre l’India, a cui ne ha vendute 100 milioni, ha accettato di produrre il vaccino russo sul suo territorio. Anche Palestina ed Emirati Arabi Uniti hanno iniziato a importarne centinaia di migliaia. Le esportazioni permetterebbero dunque a Mosca di relazionarsi con altre potenze, come Cina e Stati Uniti, in una posizione di parità proprio negli scacchieri regionali dove vi sono interessi contesi.

La Russia punta gli occhi anche sul mercato europeo che fatica a implementare il suo programma. Questa sarebbe un’opportunità per allentare le tensioni che hanno caratterizzato le relazioni tra gli attori negli ultimi anni e creare una nuova immagine virtuosa di Mosca. Ungheria ed Estonia si sono mostrate interessate ad avviare accordi con la Federazione, a differenza di Kiev che ha rifiutato qualsiasi tipo di trattativa con il Cremlino.

La posizione privilegiata russa di produttore ed esportatore del vaccino è un grande indicatore del fatto che Mosca non solo è tornata sul palcoscenico globale, ma soprattutto sta acquisendo rilevanza in nuove aree di competenza, non più legate solo alle esportazioni militari ed energetiche, ma anche in campo tecnologico.

A gennaio, Mosca ha annunciato con orgoglio che tra marzo e aprile saranno disponibili due nuovi vaccini: EpiVacCorona e Kovivak. Se la priorità del Cremlino fosse portare a compimento la vaccinazione di massa all’interno del Paese, esso dovrebbe continuare la sua battaglia per conquistare la fiducia della popolazione che guarda ancora con diffidenza al farmaco Sputnik V. Il governo e i laboratori statali dovrebbero dunque aumentare il grado di trasparenza dei dati e ampliare il loro raggio d’azione nelle aree più remote della Federazione. La scarsa richiesta all’interno del Paese e la crescente domanda estera stanno tuttavia facilitando il perseguimento degli obiettivi principali di Mosca, che vede aumentare la sua rilevanza in ambito internazionale. La disattenzione nei confronti della propria popolazione potrebbe però costare caro al governo, alimentando ulteriormente il malcontento diffuso nel Paese.

Cecilia Tresoldi

Tags: Covid-19Relazioni internazionaliRussiaSputnik VVaccino
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Cecilia Tresoldi

Cecilia Tresoldi

Laureata magistrale in Scienze Linguistiche per le Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ha approfondito lo studio della lingua e cultura russa studiando a Mosca e Novosibirsk. Ha inoltre svolto un tirocinio presso la US Helsinki Commission a Washington DC. Affascinata dall’ambito della cooperazione allo sviluppo, studia con passione le politiche economiche e sociali della Federazione.

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