I recenti sviluppi nella vita politica russa hanno riacceso il dibattito sulle opposizioni al regime. Mentre gli antagonisti si affannano nella corsa al Cremlino, lo stratega Putin sfrutta le loro debolezze a proprio vantaggio.
Quando si parla di Russia il binomio con Putin è inevitabile. D’altronde il Presidente russo è ormai in carica da quasi 20 anni e non ci sono molto dubbi sul fatto che vincerà le prossime elezioni. Dopo un’apparente battuta d’arresto nel 2011 seguita alle numerose proteste di piazza, dal 2014 Putin gode di un indice di gradimento ai massimi storici. Eppure i media riportano quotidianamente notizie relative al malcontento e al dilagante bisogno di cambiamento espresso dalla popolazione. Ultime in ordine cronologico la proteste di domenica scorsa indette da uno dei più agguerriti oppositori del sistema, Naval’nyi. Questa contraddizione, che è in un certo senso caratteristica della Russia da tempo, presenta molti spunti di riflessione su come le opposizioni vengano considerate nella Federazione Russa.
L’opposizione in Russia non si definisce in un partito, non si tratta di destra e sinistra, si presenta piuttosto sotto forme diverse. Naturalmente esiste un’opposizione politica ufficiale rappresentata dai partiti che siedono nell’ala opposta della Duma, ma di fatto si tratta di un’opposizione piuttosto blanda. Molto più interessante è l’opposizione fuori sistema, ovvero quella moltitudine di partiti, movimenti e organizzazioni che portano avanti ideali e valori contrari a quelli stabiliti dalla linea di governo. Negli ultimi anni si sono susseguite numerose iniziative di sensibilizzazione e molte di esse con una risonanza piuttosto importante.
Il 2011 rappresenta un momento importante nell’era Putin poiché i movimenti di protesta, fino ad allora piuttosto circoscritti, si sono radicalizzati riuscendo a raggiungere livelli allarmanti per il governo, non tanto per il numero di partecipanti – anch’esso significativo – piuttosto per la portata delle richieste avanzate dai manifestanti. La linea politica fatta di favoritismi e corruzione condotta da Medvedev ha esasperato la popolazione, che a migliaia si è riversata nelle strade. Tuttavia, tornato Putin alla guida del paese, le proteste si sono affievolite nuovamente.
Non è un segreto che Putin eserciti, tanto in Patria quanto al di fuori, un fascino particolare. Si presenta come un leader dalle idee chiare, risoluto e pragmatico, con un’attenzione particolare alla sua immagine pubblica che lo ha reso uno dei politici più controversi e insieme ammirati del secolo. Questo però non basta a spiegare il perché di tanta apatia da parte della popolazione che talvolta sembra fidarsi ciecamente di Putin e in fondo non crede ci siano valide alternative. Ad uno sguardo più attento appaiono evidenti molte variabili che contribuiscono a creare questa atmosfera di “odio e amore” per il regime.
Durante la conferenza di fine anno del 14 Dicembre scorso, la candidata alle presidenziali Ksenija Sobčak, indirizzandosi al presidente, ha sollevato la questione relativa agli impedimenti posti dal regime ai candidati alle elezioni. La risposta di Putin, applaudita dal pubblico, è stata concisa: non esistono al momento valide alternative e non è certo sua intenzione lasciare la Russia in mano a candidati che non hanno proposte positive per migliorare le condizioni del Paese. L’approccio di Putin, pragmatico come di consueto, lascia poco spazio alle critiche perché effettivamente non esiste attualmente un’opposizione così forte da riuscire a governare un paese vasto e complesso come la Federazione Russa.
Proveniente dalle fila del KGB, Putin si è mostrato sempre abile nella scelta delle parole e dell’atteggiamento, e se riesce così bene a zittire oppositori e media è anche grazie alla sua capacità di sfruttare le debolezze dell’avversario a proprio vantaggio. L’opposizione in Russia non gode certamente di ottima salute: le iniziative accennate in precedenza, così come i partiti che provano a portarle avanti, faticano a trovare una linea comune. Sebbene siano tutti contro il regime, non riescono a trovare un leader unitario che possa effettivamente colpire il cuore dei russi ed offrire una valida alternativa. Non esiste un unico programma elettorale, né tantomeno proposte che siano in grado di aggregare le varie posizioni. Un tentativo di unificare le opposizioni sotto un’unica organizzazione fu fatto nel 2012, quando alcuni dissidenti (tra cui Naval’nyj e il campione di scacchi Kasparov) crearono il Consiglio di Coordinamento delle Opposizioni, che si dissolse appena un anno dopo.
L’opposizione in Russia non gode certamente di ottima salute: i partiti faticano a trovare una linea comune, così come un leader unitario.
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E così, anziché allearsi contro il nemico comune, tutti gli attori lottano per se stessi e contro gli altri, riducendo di fatto ogni eventualità di successo e fornendo agli elettori degli ottimi argomenti per giustificare il proprio scetticismo nei confronti delle opposizioni. Questo vantaggio strategico ha permesso al governo di adottare il pugno di ferro e inasprire le sanzioni rivolte contro le pubbliche manifestazioni di dissenso.
Più interessante è però l’aspetto narrativo del dualismo Putin-Opposizioni. In effetti, la strategia di Putin non si limita solo a fermare legalmente i suoi oppositori, ma intende smorzare ogni sorta di sentimento di ribellione che potrebbe potenzialmente portare ad una rivoluzione.
Nella narrativa di Putin, gli oppositori non sono una minaccia alla sua leadership, bensì alla stessa popolazione russa giacché si tratta di personalità immature per ricoprire una tale carica. Questo primo punto, da solo, permette al presidente di innalzarsi a paladino della Patria conquistando milioni di Russi legati allo status quo e avversi al rischio. Non solo: Putin dichiara di rispettare la libertà di espressione e di essere quasi “annoiato” nel non avere un po’ di sana competizione, ma d’altronde non è suo compito incoraggiare i propri avversari. Piuttosto si domanda come sia possibile che non ci sia nessun oppositore in grado di presentare un serio programma elettorale.
In un paese come la Russia è evidente che sia complicato emergere come un reale oppositore, poiché ogni tentativo viene meticolosamente ridimensionato. Tuttavia bisogna notare che le opposizioni stesse non sembrano essere poi così interessate al bene superiore, quanto piuttosto a stabilirsi come “l’unico vero avversario” risultando, così, poco affidabili e soprattutto incapaci di collaborare. Putin probabilmente si diverte a condurre il proprio gioco: lascia parlare i suoi avversari per poi ribaltare completamente le carte in tavola e porre loro esattamente le stesse domande. E quando poi gli oppositori non hanno un valido argomento, si limita ad una battuta. L’ennesima freccia di Cupido nel cuore dei russi.