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Home Politica e Istituzioni

Il caso Naval’nyj tra operazioni segrete e lotte di potere

di Riccardo Allegri
29 Dicembre 2020
in Politica e Istituzioni, Politica interna e società russa, Russia
Tempo di lettura: 7 mins read
Il caso Naval’nyj tra operazioni segrete e lotte di potere

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Bellingcat sull’avvelenamento di Naval’nyj, alcuni interrogativi rimangono aperti. Le dinamiche di potere all’interno dell’élite russa potrebbero fornire un’interessante, sebbene ipotetica, chiave di lettura​.

Negli ultimi giorni ha fatto grande scalpore a livello internazionale l’inchiesta condotta da Bellingcat in collaborazione con CNN, Der Spiegel e The Insider in merito al fallito attentato alla vita del blogger e politico russo Alexej Naval’nyj.

Grazie all’analisi dei metadata di alcuni telefoni cellulari, i giornalisti di Bellingcat sono riusciti ad individuare almeno cinque operativi dell’FSB appartenenti ad una task force di esperti nell’uso di armi chimiche. Con l’ausilio dei dati aeroportuali, è stato possibile condurre un’analisi incrociata che ha consentito di stabilire i movimenti degli agenti speciali, oltre ai falsi nomi che essi utilizzavano come copertura.

Dall’inchiesta emerge come questi uomini abbiano seguito gli spostamenti di Naval’nyj, attraverso tutto il territorio della Russia, in trentasette occasioni a partire dal 2017. L’operazione sembrerebbe essere stata avviata immediatamente dopo l’annuncio dello stesso Naval’nyj della propria intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018.

L’analisi del traffico telefonico ha consentito di stabilire un picco nelle comunicazioni tra gli operativi dell’FSB ed i loro superiori nelle ore immediatamente precedenti ed in quelle immediatamente successive al fallito tentativo di avvelenamento di Naval’nyj. Inoltre, in aperta violazione delle norme di sicurezza, uno degli agenti della task force ha fatto uso del proprio telefono personale nel giorno dell’attentato. Ciò ha consentito di individuare con ragionevole certezza la presenza dell’uomo nelle vicinanze dell’hotel in cui alloggiava Naval’nyj nella città di Tomsk.

Per ottenere tale mole di dati, i giornalisti di Bellingcat hanno sfruttato le possibilità concesse loro dalla farraginosa legislazione sulla privacy in vigore in Russia, utilizzando i BOT di Telegram per reperire materialmente le informazioni necessarie.

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, è stato diffuso un video nel quale si può osservare lo stesso Naval’nyj mettersi in contatto con uno dei suoi presunti aguzzini, fingendosi un suo superiore dell’FSB. In base alla registrazione della telefonata, reperibile su YouTube, la trappola è perfettamente riuscita. L’agente speciale ha infatti confermato quanto scritto da Bellingcat, aggiungendo alcuni dettagli piuttosto rilevanti. In particolare, ha avuto un certo risalto il fatto che gli operativi dell’FSB avessero impregnato le mutande del bersaglio con un agente nervino della famiglia Novichok.

L’inchiesta, sebbene estremamente rigorosa dal punto di vista metodologico e difficilmente attaccabile dal punto di vista della solidità dell’impianto probatorio, manca di rispondere ad un interrogativo fondamentale, ovvero chi sia il mandante di un’azione tanto efferata quanto criminosa.

Per contro, però, consente di scartare la pista, più volte accreditata come probabile, che punta dritta agli oligarchi siberiani. Il coinvolgimento dell’FSB, infatti, sembrerebbe indicare che l’ordine di uccidere Naval’nyj sia partito dai più alti circoli del potere centrale a Mosca.

Yulia Naval’nyj, Alexey Naval’nyj, Anna Veduta e Ilya Yashin a Mosca, durante una manifestazione nel giugno 2013.

Data la totale impossibilità di fornire una risposta certa in merito all’identità del mandante, considerando che per poterlo fare sarebbe necessario possedere un nullaosta di altissimo livello che consentisse l’accesso a documenti riservati estremamente sensibili, è utile concentrarsi su altri aspetti della vicenda.

Dando per assodato che il via libera all’operazione non possa che provenire dai vertici dello Stato russo, quali sono le motivazioni che avrebbero spinto le autorità ad agire?

Ovviamente ogni valutazione in merito è di stampo puramente ipotetico ed è bene non dimenticarlo.

Naval’nyj, leader dell’opposizione liberale extraparlamentare, è un attivista che combatte la corruzione (largamente diffusa nel Paese) e, come detto, si era candidato alle elezioni presidenziali del 2018 in aperta opposizione a Vladimir Putin (salvo poi essere escluso dalla contesa elettorale nel mese di marzo dello stesso anno). Tuttavia, sarebbe eccessivo affermare che la sua popolarità, almeno al momento del tentato avvelenamento, fosse tale da presentare un pericolo per il Cremlino.

A tale riguardo, però, è lecito porsi alcuni interrogativi sulla volatilità della mobilitazione dell’elettorato del Paese. In un sistema politico come quello russo, ove non vi sono credibili alternative al potere di Putin, è piuttosto complesso fare una previsione sulle reali preferenze dei cittadini. Soprattutto nel caso in cui la figura che ha dominato la politica russa negli ultimi vent’anni dovesse venir meno. Ciò consentirebbe di inquadrare il tentato omicidio di Naval’nyj nella spinosa questione della successione al potere.

Sono sempre più insistenti le voci sulla volontà di Putin di abbandonare la politica. Bisogna però sottolineare come la cosa sia stata smentita ufficialmente sia dal governo che dall’opposizione. A sostegno di tale tesi vi è la riforma costituzionale, recentemente approvata dalla Duma e fortemente voluta dallo stesso Putin, che ha eliminato il vincolo dei due mandati presidenziali consecutivi. Gli emendamenti alla Costituzione consentirebbero quindi un’eventuale presidenza vitalizia. Eppure, nello stesso periodo in cui sono stati approvati i provvedimenti con i quali si è voluta emendare la Legge Fondamentale, è passata in sordina la promulgazione di una legge ordinaria di una certa rilevanza. In base alle nuove disposizioni, infatti, un presidente dimissionario non potrà essere perseguito né a livello amministrativo né a livello penale per le azioni intraprese nello svolgimento delle sue funzioni, fino al giorno della propria dipartita.

Inoltre, nel corso dell’annuale conferenza stampa tenuta da Vladimir Putin, alla domanda sulla sua intenzione di ricandidarsi per le elezioni del 2024, egli ha risposto di non saperlo.

Infine, proprio nel corso di questa settimana, il presidente russo ha nominato i membri del Consiglio di Stato, un organo collegiale che comprende i rappresentanti del governo centrale e delle entità territoriali. I poteri di questa istituzione sono stati fortemente aumentati in base agli emendamenti costituzionali di cui si è detto e secondo alcune testate esso potrebbe essere l’organo che si occuperà della successione.

Se un processo di transizione fosse effettivamente in corso, e si tratta di un grandissimo se, non è da escludere che Naval’nyj sia caduto vittima di un meccanismo perverso.

È stato riconosciuto da una parte della comunità scientifica che nelle dinamiche di potere della Federazione Russa, il ruolo del presidente sia quello di arbitro tra le diverse fazioni che si contendono i favori del capo del governo. Sebbene esse siano molteplici, spesso vengono ricondotte ad un numero più contenuto di gruppi piuttosto ampi, ovviamente frammentati al loro interno Tra questi vi sono i cosiddetti siloviki. Essi farebbero riferimento ai vertici delle forze di sicurezza, come l’esercito, l’intelligence o l’FSB[1].

Secondo alcuni analisti, nel corso delle diverse amministrazioni guidate da Putin, i siloviki avrebbero via via marginalizzato i rivali, anche grazie al background personale del presidente. A questo proposito si è parlato di “FSB-isazione” dello Stato[2].

In base a quanto scrive Mark Galeotti, la Russia di Putin sarebbe caratterizzata da una serie di istituzioni sovrapposte, ognuna delle quali in competizione con le altre per ottenere sempre più potere. Il Cremlino sfrutterebbe questo “pluralismo burocratico“, nel pieno rispetto della strategia del divide et impera, per controllare meglio le diverse fazioni. Tale competizione, però, è stata spesso considerata disfunzionale, in quanto le politiche dello stato divengono ostaggio degli interessi del singolo gruppo[3].

In aggiunta, l’indebolimento della figura di Putin nel momento del suo ritorno al potere dopo l’interludio Medvedev, causato dal calo di consensi reso evidente dalle diffuse proteste della popolazione, non ha che rafforzato la posizione dei siloviki rispetto a quella del Cremlino. Ciò ne ha limitato di conseguenza la libertà di manovra nel gestire le dinamiche di potere​[4]​.

Si può ben immaginare come, in un contesto simile, le informazioni a disposizione dell’esecutivo siano spesso filtrate dai timori degli appartenenti ad una data fazione. Per non parlare delle probabili lotte intestine.

L’inevitabile calo di consensi accusato dal governo a seguito della pandemia di Covid-19, potrebbe aver profondamente spaventato coloro che vedono il proprio destino irrimediabilmente legato a quello di Putin. Tirando le somme, se l’elettorato può rapidamente mobilitarsi a sostegno di un outsider come Naval’nyj, è possibile che i rappresentanti dei gruppi che si sentono maggiormente minacciati da una transizione politica non completamente controllata dal Cremlino abbiano filtrato le informazioni in loro possesso in quest’ottica, dipingendo il blogger come un avversario ben più temibile di quanto egli non sia realmente.

Siamo chiaramente nel campo della pura speculazione, in quanto, come detto, non è possibile avere certezze in merito.

La versione ufficiale del Cremlino rimane quella secondo la quale il caso Naval’nyj sia una montatura occidentale. I sostenitori di Putin hanno sempre sottolineato come non vi fosse alcun movente per organizzare una tale operazione, per non parlare poi del fatto che lo stesso Putin abbia acconsentito al trasferimento del blogger in un ospedale tedesco. Per l’opposizione liberale, invece, il caso Naval’nyj è la prova tangibile della natura criminale dell’attuale governo russo.

Soltanto il tempo potrà dirci come sono andate le cose ed anche questo assunto potrebbe rivelarsi troppo ottimistico.

Riferimenti bibliografici

[1] N. Gvosdev, C. Marsh, Russian Foreign Policy, Washington DC, CQ Press, 2014.

[2] R. Sakwa, H. Hale, S. White, Developments in Russian Politics, Durham, Duke University Press, 2019.

[3] M. Galeotti, Russian Political War, Londra-New York, Routledge, 2019.

[4] R. Sakwa, Putin Redux, Londra-New York, Routledge 2014.

Tags: Naval'nyjOpposizioneRussia
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Riccardo Allegri

Riccardo Allegri

Coordinatore desk Difesa e Cyber. Laureato in Scienze Politiche degli Studi Internazionali presso l’Università degli Studi di Bologna, ha recentemente conseguito la laurea magistrale in Studi Internazionali presso l’Università di Pisa. Ha svolto numerosi lavori e scrive di politica internazionale per diverse riviste online e cartacee, tra le quali Zeppelin, Il Caffè Geopolitico, Eurasia, Asrie Analytica e CSI. È specializzato in Russia e spazio post-sovietico, motivo per cui parla la lingua russa. Leggi i suoi articoli anche su: Caffè geopolitico, Zeppelin

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