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Home Politica estera russa

Investimenti russi in Medio Oriente: il caso Egitto

di Marco Limburgo
18 Giugno 2018
in Politica estera russa, Relazioni internazionali 2018, Russia 2018
Tempo di lettura: 5 mins read
russia-egitto.jpg

​Lo scorso 11 novembre Putin si è recato in visita di Stato in Egitto per incontrare il generale Al Sisi al fine di suggellare un’intesa in costante crescita fra le due nazioni, ed esplorare la possibilità di nuovi e proficui contatti commerciali tra i due paesi. Il legame tra i due Stati si è rafforzato anche grazie ai continui contatti e investimenti delle aziende russe che hanno recentemente scelto il continente africano come possibile mercato per i propri prodotti dopo le recenti tensioni con l’Occidente. Il generale Al Sisi, reduce da una vittoria plebiscitaria (inevitabile data la mancanza di sfidanti credibili) nelle ultime elezioni presidenziali, è all’affannosa ricerca di stabili relazioni commerciali e partner autorevoli per rilanciare il Paese nel panorama mediorientale e svincolarsi dall’asfissiante abbraccio americano e saudita.

Russia ed Egitto tornano a parlarsi e a capirsi dopo decenni dallo strappo che ha portato il gigante africano nel fronte occidentale durante la Guerra Fredda. Nel 1955 l’Egitto nazionalista di Gamal Abdel Nasser, ansioso di riformare l’esercito e intenzionato a capitalizzare una possibile vittoria contro il neonato Stato ebraico per i suoi piani egemonici panarabi, contrattò con il blocco sovietico un massiccio acquisto di armamenti (tramite la Cecoslovacchia) portando, con grande sconcerto internazionale, il paese nell’orbita del Cremlino.

Le relazioni si rafforzarono nel corso della “guerra dei sei giorni” del 1967, in quanto i legami dell’Egitto con l’URSS si consolidarono ulteriormente (migliaia di consiglieri militari contribuirono all’irrobustimento economico e politico delle locali forze armate) e continue spedizioni di armamenti e asset tecnologici si mossero in direzione del Cairo. La decisione del successore di Nasser, Anwar al Sadat, a lungo corteggiato dai burocrati di Washington, di firmare la pace con Tel Aviv ha sparigliato ulteriormente le carte portando il Paese nello schieramento statunitense; ingenti sono stati i fondi per lo sviluppo e le sovvenzioni militari affluite nel paese nordafricano (che hanno impedito il tracollo del paese) in cambio di basi militari e una sponda geopolitica nel complesso Risiko mediorientale.

Le aspre critiche dell’amministrazione Obama nei confronti della situazione dei diritti umani nel Paese e le differenti visioni sul conflitto siriano hanno rappresentato l’inizio di un processo irreversibile che ha allontanato le due nazioni e ha spinto l’ambizioso generale nelle braccia di una Russia che prepotentemente si è affacciata nel Mediterraneo con l’intervento in Siria, coltivando contatti strategici con protagonisti della crisi libica (vedesi la liaison con il generale Haftar) e irrobustendo i legami con l’Algeria.

Putin sta portando avanti una politica estera mediorientale fortemente pragmatica e scevra di visioni ideologiche cercando di riempire i vuoti geopolitici lasciati dall’assenza, volontaria o meno, degli Stati Uniti e alleati nel settore geopolitico. Il Presidente russo è consapevole dell’eterogeneità dei vertici politici con cui dialogare, della precaria situazione economica interna e della conseguente necessità di espandere il dialogo e una cooperazione multilaterale quanto più ampia possibile con il fine di rilanciare il ruolo di potenza globale della Russia contenendo l’aggressività occidentale. La cooperazione con l’Egitto per via della posizione di crocevia verso l’incoraggiante mercato africano e l’importanza strategica (fondamentale la presenza del Canale di Suez) si rivela una mossa quasi obbligata per il Cremlino.

Nel mese di marzo i due Governi hanno approvato i piani per la costruzione di un ampia zona industriale a partecipazione congiunta per un valore di investimenti di 7 miliardi nella zona di Port Said al fine di rafforzare una visione comune di intenti che avrebbe aperto la strada a ulteriori investimenti. Il ministro del commercio egiziano Tareq Kabil, nel corso di un incontro con decine di società russe al Cairo, ha dichiarato: “La zona industriale russa in Egitto rappresenta una grande opportunità per le aziende russe che cercano mercati globali per i loro prodotti. Gli investimenti nel mercato egiziano forniscono l’accesso a un mercato che comprende quasi 1,8 miliardi di persone, grazie agli accordi commerciali siglati tra l’Egitto e i maggiori blocchi economici del mondo. I progetti di investimento stabiliti nella zona soddisfano le richieste del mercato egiziano e inoltre il progetto favorirà la creazione di migliaia di posti di lavoro“.

“La zona industriale russa in Egitto rappresenta una grande opportunità per le aziende russe che cercano mercati globali per i loro prodotti. Gli investimenti nel mercato egiziano forniscono l’accesso a un mercato che comprende quasi 1,8 miliardi di persone, grazie agli accordi commerciali siglati tra l’Egitto e i maggiori blocchi economici del mondo. I progetti di investimento stabiliti nella zona soddisfano le richieste del mercato egiziano e inoltre il progetto favorirà la creazione di migliaia di posti di lavoro”

Tareq Kabil

​La Riz (Russian Industrial Zone) sorgerà su un’area concessa in usufrutto alla Russia, di 5,25 chilometri quadrati, a est di Port Said. L’Autorità generale della Security zone si occuperà di tutte le indagini geologiche e geofisiche sull’area dove sorgerà la Riz in funzione della costruzione degli impianti industriali e delle infrastrutture. Sempre la “Sczone” garantirà la fornitura di tutte le infrastrutture per accedere senza ostacoli a strade, porti e ferrovie e collegherà la Riz alla rete elettrica e del gas dell’Egitto. Incessanti, inoltre, sono le visite di imprenditori, magnati e politici russi nell’ area in cui dovrà sorgere la nuova capitale egiziana. Ambizioso piano del generale Al Sisi è, infatti, quello di costruire una nuova capitale modello per il sovrappopolato paese africano che dovrebbe rimpiazzare l’oramai congestionata e turbolenta Cairo.

La Riz sorgerà a est di Port Said

​Il fiore all’occhiello dell’emergente partnership è l’accordo fra i due uomini forti per la costruzione di una centrale nucleare, la prima a sorgere in Africa se si escludono dei reattori non più attivi del Sudafrica. La centrale verrà allestita a Dabaa, sulla costa mediterranea circa 170 km a ovest di Alessandria, sul sito di un reattore di ricerca costruito dai sovietici negli anni cinquanta. Le firme, apposte da ministri alla presenza di Putin e del Presidente egiziano, rappresentano un “accordo record nella storia dell’industria nucleare”, ha sottolineato Aleksej Lichačev, il direttore di Rosatom, l’impresa statale russa che costruirà l’impianto entro il 2026. A Dabaa verrà installata “la tecnologia più moderna e sicura”, ha sottolineato Putin riferendosi implicitamente ai reattori che saranno della “generation 3+”, quella nata dopo il disastro di Fukushima. Il modello russo proposto di costruzione e gestione è allettante in quanto gli investitori russi copriranno una parte importante dei costi di realizzazione e gestione dell’impianto permettendo ad economie in difficoltà di realizzare l’opera senza che essa gravi eccessivamente sulle casse statali. In ultimo una nota di colore: il quotidiano egiziano Al-Youm Al-Sabia, è recentemente uscito in edicola con i seguenti titoli in russo: “Signor presidente della Russia, benvenuto in Egitto!”, “Signor presidente, quando torneranno i turisti russi in Egitto?”. Il turismo rappresenta la seconda fonte di reddito per l’economia statale e il ritorno dei facoltosi turisti russi, che riempivano solitamente le spiagge e i resort del Sinai,(diminuiti progressivamente dopo il disastroso incidente del Tupolev 9268 Metrojet) potrebbe rilanciare l’occupazione e la crescita impattando l’alto tasso di disoccupazione del gigante arabo africano.

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Marco Limburgo

Marco Limburgo

Da sempre appassionato di storia, letteratura e politica internazionale si laurea a Bologna in Storia Contemporanea e decide, successivamente, di trasferirsi a Forlì per studiare Scienze Internazionali e Diplomatiche, dove si laurea nel 2020. Socio fondatore di Osservatorio Russia, contribuisce al progetto con analisi inerenti all’Asia Centrale e alle relazioni tra Medio Oriente e Russia, nonché curando la rubrica di approfondimento storico Smolensk, di cui è coordinatore.

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