Partiamo da una doverosa premessa: qualsiasi aiuto sanitario, da qualsiasi Paese del mondo, è ben accetto. Anche se proveniente da Stati con cui abbiamo velenosi conti in sospeso, come l’Egitto (fornitore di 1,2 milioni di mascherine per il nostro Paese). Una regola valida sempre, non solo in tempi di coronavirus.
La Russia conserva una lunga tradizione diplomatica di amicizia (o forse sarebbe meglio chiamarla “forte cordialità”) con l’Italia. Cementata da scambi umani, attitudini, affinità culturali e in una certa misura convergenze geopolitiche – storicamente però spesso osteggiate dalle alleanze di cui Roma ha fatto parte.
Sulle fiancate dei camion militari imbarcati sui cargo Ilyushin 76 russi, e sbarcati tra ieri sera e stamattina a Pratica di Mare, campeggia la scritta “Dalla Russia con amore” insieme alle bandiere dei due Paesi ritagliate a forma di cuore. Un amore non solo retorico. La storia e i sondaggi raccontano come l’Italia sia il Paese europeo più amato in assoluto dai russi, per tutta una serie di ragioni che è impossibile in questa sede elencare.
Ma oltre i sentimenti c’è la geopolitica, e sarebbe un guaio ignorarla. Non si tratta di fare le pulci, né tantomeno di mettere in dubbio l’utilità degli aiuti provenienti da Mosca, se si sospetta che a muoverli vi siano anche particolari interessi.
Un dubbio lecito, naturalmente, più per la prassi della politica internazionale che per la supposta “malignità” dei russi, tanto cara ai commentatori anglosassoni. In questa fase così critica, ogni attore cerca di “umanizzarsi” e capovolgere la narrazione o i pregiudizi di cui è generalmente vittima. La Cina provando a mostrare l’utilità umanitaria delle sue Vie della Seta (altrimenti quasi inutilizzabili dopo il danno d’immagine della pandemia); Cuba rifiutando fieramente lo stereotipo di Paese sottosviluppato e portatore di un sistema fallimentare; persino l’UE – dopo incertezze quasi fatali – sospendendo il Patto di stabilità e aprendo i rubinetti, anzi il bazooka del quantitative easing, per la bellezza di 750 miliardi di euro. Quindi provando a liberarsi della sua immagine austera e punitrice.
In questa fase così critica, ogni attore cerca di “umanizzarsi” e capovolgere la narrazione o i pregiudizi di cui è generalmente vittima.
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Anche la Russia, in questo gioco, fa la sua parte. Obiettivo, quello di smentire l’idea occidentale di un Paese chiuso, aggressivo, calcolatore. Non è un caso che gli aiuti sbarcati a Pratica di Mare siano stati seguiti, subito dopo, dalle distensive dichiarazioni del portavoce del Cremlino Peskov, in risposta ad alcune insinuazioni giornalistiche: “No, non c’è assolutamente alcun legame [con la partita delle sanzioni, ndr]. Non si può parlare di condizioni, di calcoli e neppure di speranze. L’Italia ha bisogno di più aiuti e quello che la Russia sta facendo è fornire concreta assistenza. È assurdo parlare di un qualche tipo di reciproca speranza, le cose non stanno così“.
Non è sbagliato ciò che dice Peskov. L’Italia non cambierà le proprie alleanze in base al numero di mascherine ricevute, per quanto lunga e dolorosa possa rivelarsi l’attuale crisi. Ed è improbabile che nella chiamata tra Conte e Putin siano state fatte promesse su un veto italiano alle sanzioni europee (che avrebbero conseguenze diplomatiche molto gravi per il nostro Paese).
Dunque è più che plausibile che gli aiuti russi siano, a conti fatti, incondizionati e privi di un ritorno immediato. Ciò tuttavia non significa che siano anche disinteressati. E non per cattiveria o per chissà quale piano diabolico. Ma semplicemente per interesse nazionale, soft power, operazione simpatia. In altre parole, per l’occasione più unica che rara di allargare il bacino italiano dei russofili in un momento in cui le sensibilità sono molto accese. Senza trascurare una strategia più ampia: quella di tenere il passo con Usa e Cina, fino ad ora protagonisti della contesa politica (ed emotiva) dell’Italia, nel grande gioco degli aiuti.
Nota finale: la Russia è in crescente difficoltà nella sua lotta all’epidemia di Covid-19. I positivi negli ultimi giorni stanno aumentando con un ritmo paragonabile a quello di altri Paesi europei, anche se con parecchi giorni di ritardo e numeri ancora relativamente contenuti. Sul piano sanitario, la Federazione non si trova in condizioni ottimali anche se è avvantaggiata dalla predisposizione di misure eccezionali (come la costruzione di ospedali speciali) intrapresa con un certo anticipo. Il flusso di aiuti all’Italia – attualmente previsto fino al 19 aprile attraverso una sorta di ponte aereo – potrebbe dunque interrompersi per necessità interne.