Negli ultimi anni la crisi demografica in Russia è diventata una questione di crescente urgenza per il governo, ed è culminata nel recente divieto della cosiddetta propaganda child-free. Resta tuttavia difficile contrastare il declino demografico occupandosi soltanto del tasso di natalità, dunque senza intervenire contro quello di mortalità. Neanche le annessioni di territori ucraini basteranno a invertire il trend.
Il 12 novembre 2024 alla Duma è stata varata una legge che ha suscitato discussioni sia all’interno che all’esterno della Federazione Russa. Tale provvedimento prevede l’abolizione della cosiddetta child-free propaganda, un termine che si riferisce alla promozione pubblica dello stile di vita senza figli, inclusi discorsi, film, programmi o post sui social media che incoraggiano tale scelta. La legge punisce chi diffonde idee che rendano attraente il rifiuto della genitorialità, considerato una minaccia ai valori tradizionali e alla stabilità demografica del Paese.
Quella che emerge come una misura sempre più estrema volta al restringimento dei diritti civili rappresenta però una risposta, anche disperata, alla storica crisi demografica cui la Russia si trova a far fronte da più di trent’anni. Il tasso di natalità è in calo, ed è inversamente proporzionale a quello di mortalità, sempre più elevato. Secondo recenti stime della Rosstat, la popolazione russa potrebbe scendere dai 143,8 milioni attuali a 138,8 milioni entro il 2046 nello scenario più probabile, con una perdita annuale di circa 700.000 persone. Nel peggior scenario, la Russia potrebbe addirittura perdere fino a 15,4 milioni di abitanti, arrivando a una popolazione di 130 milioni entro la stessa data. Un calo di questa portata rappresenterebbe una minaccia seria per la stabilità sociale ed economica della Russia. Il presidente Putin ha difatti più volte definito il tasso di fertilità come estremamente serio e ha sottolineato la centralità della popolazione russa per la sicurezza e lo sviluppo della Paese.
Va considerato che nel XIX secolo la Russia era un Paese caratterizzato da un tasso di fertilità estremamente elevato, ma eventi storici come la rivoluzione bolscevica, le due guerre mondiali e, infine, il collasso dell’URSS hanno avuto un impatto devastante sulla popolazione, riducendola drasticamente. Inoltre, il calo delle nascite registrato negli anni ’90, uno dei periodi più critici nella storia recente della Federazione Russa, continua a ripercuotersi ancora oggi. Questa crisi demografica ha prodotto una generazione di giovani adulti ad oggi in età riproduttiva significativamente meno numerosa, riducendo ulteriormente il potenziale di recupero del tasso di natalità e aggravando lo squilibrio demografico complessivo del Paese. Il tasso di natalità odierno è simile a quello europeo, ma con un’aspettativa di vita inferiore a causa degli alti tassi di mortalità. Il Paese più esteso al mondo, che abbraccia 11 fusi orari diversi, conta ora una popolazione a malapena uguale a quella di Germania e Italia messe insieme.
Tuttavia, il vero problema della demografia russa non riguarda tanto il tasso di natalità, quanto quello di mortalità, che rimane drammaticamente alto. Le cause principali di questo fenomeno sono legate alla diffusione dell’alcolismo (e, più in generale, di uno stile di vita poco sano), di malattie cardiovascolari e quindi di una vita media complessivamente più bassa, tutti fattori che continuano a ostacolare qualsiasi tentativo di risollevare la demografia. La guerra in Ucraina ha ulteriormente esacerbato questa tendenza, provocando circa 80.000 morti tra i soldati russi e un’emigrazione massiccia di almeno 600.000 cittadini a seguito dell’annuncio della mobilitazione generale parziale del 2022. Non solo la guerra ha ridotto il numero di uomini in età fertile, ma ha anche ridotto le risorse statali per politiche di welfare sociale, con l’introduzione di una economia di guerra e quindi di un budget statale altamente concentrato sulle spese militari. Di conseguenza, i cittadini sono sempre meno motivati a fare figli, poiché l’incertezza socio-economica rende difficile pensare al futuro e garantire una stabilità familiare in un contesto di crescente instabilità.
Quanto accade in Ucraina potrebbe però avere un impatto positivo, seppur limitato, sulla demografia russa. L’annessione della Crimea nel 2014, seguita da quelle delle quattro oblast’ di Zaporižžja, Cherson, Donetsk e Lugansk, ha portato alla Russia non solo nuovi territori ma anche i loro abitanti, contribuendo nominalmente a “rimpolpare” la popolazione del Paese. Questo incremento, tuttavia, non ha avuto un effetto demografico significativo rispetto al declino complessivo. Dal 2017 al 2024, ad esempio, la popolazione russa ha registrato una perdita di 4,15 milioni di abitanti, compensata solo in parte dall’aumento “artificioso” derivante dalle annessioni (pari a circa 6 milioni di abitanti).
Negli ultimi anni sono stati adottati alcuni provvedimenti che sembrano rientrare nella strategia del “bastone e carota”: da un lato, incentivi per incoraggiare la natalità; dall’altro, misure repressive e sanzioni pecuniarie a chi sceglie di non avere figli. In particolare, sono stati predisposti degli incentivi economici per spingere le donne a rinunciare alla carriera e all’istruzione per mettere al mondo dei figli (si tratta di circa 6.700 euro per il primo figlio, quasi 9.000 per il secondo). Questi “bonus maternità” erano stati già introdotti nel 2007, ma senza comportare miglioramenti significativi. Assieme a queste misure ne sono state introdotte delle altre dal taglio più restrittivo: in particolare, l’accesso all’aborto viene sempre più limitato, con la gran parte di cliniche private che ha “scelto” di interromperne la pratica; inoltre le tasse per l’ottenimento del divorzio sono state aumentate. Tra le politiche nataliste rientra anche la sempre più accentuata promozione dei valori tradizionali sostenuti dalla Chiesa Ortodossa, che ricopre un ruolo influente nelle politiche sociali. Ci sono inoltre personalità ultranazionaliste, all’interno della Duma, che sono arrivate ad accusare le minoranze musulmane di fare più figli rispetto ai russi etnici, evocando il rischio della scomparsa della popolazione russa nella sua “originalità” slava. Agli occhi del Cremlino, il movimento child-free rappresenta una minaccia ai valori tradizionali e alla sicurezza demografica, nonché all’identità stessa della Federazione Russa. Con la legge del 12 novembre sono state introdotte delle vere e proprie sanzioni ai danni di chi promuove uno stile di vita senza figli: si parla di multe fino a 4.000 euro per il singolo cittadino e di 50.000 per le organizzazioni.
Mentre il governo russo continua a introdurre politiche nataliste, come il divieto della propaganda child-free e la limitazione dell’accesso all’aborto, queste misure non affrontano il problema principale: gli elevati tassi di mortalità che affliggono il Paese. Incentivi come i bonus maternità e le agevolazioni fiscali possono offrire soluzioni temporanee, ma non riescono a compensare i problemi strutturali che ostacolano la crescita demografica. I tassi di mortalità elevati, più recentemente aggravati dalla guerra in Ucraina, rappresentano la sfida principale. Senza interventi significativi per migliorare la salute pubblica, ridurre le morti prevenibili e creare un ambiente stabile per le famiglie, queste politiche, ideologiche o pragmatiche che siano, difficilmente porteranno a un reale cambiamento demografico. Al contrario, rischiano di distogliere l’attenzione dai problemi sistemici più profondi che minacciano il futuro della Russia.
Virginia Gatto